Twitter & The Death Of Rock Criticism II: Music is math
Christopher Weingarten (giornalista di Rolling Stone, Village Voice, SPIN e altri) dopo la partecipazione dello scorso anno torna sul luogo del delitto: la 140 Character Conference di New York.
Questa volta la sua relazione si intitola "Music is Math" e passa in rassegna la frenetica rincorsa all'update che è diventato il "parlare di musica" oggi (dico "parlare di musica" perché non mi azzardo a tirare in ballo concetti come Critica o Giornalismo Musicale).
Nonostante la sua oratoria faccia venire voglia di prenderlo a schiaffi dopo due secondi, credo sia un video assolutamente da vedere. La schizofrenia della "race to be first", l'impossibilità di prestare più attenzione a nulla o di conoscere e ascoltare, il sempre più vasto disinteresse per quello che viene scritto (le parole funzionano solo come keyword), la paranoia dell'esclusiva... sono tutte cose che conosciamo bene.
Ma i musicisti, dove finiscono in tutto questo? "It's not enough for a musician to be an artist, they have to be an internet hustler, they have to be the fucking Keyboard Cat".
Secondo Weingarten tutto questo ci sta portando velocemente a una conclusione: stiamo perdendo la capacità di giudicare oltre a quella di scrivere, e il suo (un po' moralistico) consiglio finale suona circa "fuck the numbers, fuck math and don't believe the Hype Machine".
Christopher Weingarten (giornalista di Rolling Stone, Village Voice, SPIN e altri) dopo la partecipazione dello scorso anno torna sul luogo del delitto: la 140 Character Conference di New York.
Questa volta la sua relazione si intitola "Music is Math" e passa in rassegna la frenetica rincorsa all'update che è diventato il "parlare di musica" oggi (dico "parlare di musica" perché non mi azzardo a tirare in ballo concetti come Critica o Giornalismo Musicale).
Nonostante la sua oratoria faccia venire voglia di prenderlo a schiaffi dopo due secondi, credo sia un video assolutamente da vedere. La schizofrenia della "race to be first", l'impossibilità di prestare più attenzione a nulla o di conoscere e ascoltare, il sempre più vasto disinteresse per quello che viene scritto (le parole funzionano solo come keyword), la paranoia dell'esclusiva... sono tutte cose che conosciamo bene.
Ma i musicisti, dove finiscono in tutto questo? "It's not enough for a musician to be an artist, they have to be an internet hustler, they have to be the fucking Keyboard Cat".
Secondo Weingarten tutto questo ci sta portando velocemente a una conclusione: stiamo perdendo la capacità di giudicare oltre a quella di scrivere, e il suo (un po' moralistico) consiglio finale suona circa "fuck the numbers, fuck math and don't believe the Hype Machine".
Commenti
Sai cosa manca quando i fiumi straripano sul serio? Manca l'acqua potabile, l'acqua buona.
Per questo stesso principio ora stiamo qui a celebrare l'user generated content e la possibilità che tutti abbiamo di "parlare di musica". Ma prima o poi smetterò di fidarmi di chiunque semplicemente perchè PUO' parlare e per questo lo FA. Capirò tu che sei esperto sei più attendibile e tornerò ai critici, quelli che ora magari molti disprezzano a uno che ha ascoltato i Joy Division prima degli Editors. O cose così.
Che ne dici?
Esagero se dico che il suo discorso di circa un anno fa mi aveva illuminato, ma sinceramente fa sempre un bel effetto sentire snocciolare considerazioni così semplici quanto 'originali'.
Mi fa piacere che Polaroid non si perda certi riferimenti importanti.
Afirry: c'è da dire che il discorso di Weingarten sembra tutto pericolosamente in bilico fra diversi atteggiamenti: lo sputare nel piatto dove mangia, le ovvietà che qualunque feed-reader-dipendente pensa mille volte al giorno (ma poi non le scrive così chiare) e l'onesto "appello alle coscienze". Con il suo stile decisamente antipatico però riesce miracolosamente a cadere in piedi e a non suonare eccessivamente retorico.
Quanto al ricambio post p4k, ormai è un decennio abbondante, potrebbe anche essere ora (sarà ucciso dai social network?), e può valere l'obiezione secondo cui il pubblico più giovane non si va a leggere cinquemila battute di recensione (ma perché, noi lo facciamo ancora?)... Però mi viene in mente anche la considerazione che p4k non dovrebbe ambire a essere il RS di oggi né di domani, non ha bosogno di diventare così popolare. Forse è più conveniente rrestare influente rispetto a chi a sua volta è già influente. Insomma, mantenere la "fama" di pitchfork, la sua presunta auorevolezza, e non necessariamente diventare l'MTV degli Anni Dieci.
Watching this guy squeal about the death of music journalism (spoiler alert: the 5 of us at The Hype Machine killed it), I started to remember why I hated music critics. Think back to your college paper: they were the loud, obnoxious, Comic Book Guys who would spend a few sentences spitting on their dicks before wanking out the six paragraphs of extended metaphors that felt good to absolutely no one else. They’d review an album they hated because…well, why? Did they really feel a sense of duty to let you know what not to buy, or is it just cool to make fun of some intangible rock band? Or is it about the ad space that labels buy in magazines, and maybe the magazines should put those labels’ bands in the issue if they want their contracts renewed?
Journalism isn’t free. It never was. So wail about SEO all you want, advertising is what has been supporting magazines, newspapers, TV, radio, and pretty much the entire internet. The problem isn’t blogs, Google, or us, buddy. The problem is shitty writing. If Whiney chose to address the actual caliber of the writing on blogs, I’d be totally behind him: a lot of it sucks. But that has little to do with click-throughs or PageRank. It’s about people reading less and thinking even less about what they do read. Criticism isn’t dying because we made an aggregator—it’s dying because people don’t exercise their critical thinking. It’s dying because they’re tired of having some guy in a baseball cap scream in their face about what they should and shouldn’t appreciate, because now that all of their friends and their mom, too, have a blog, they can’t see why they should listen to him instead.
There are incredible music journalists, in all sense of the word, who write with passion, regardless of the medium. Nitsuh Abebe (http://agrammar.tumblr.com/) tumbls well thought-out pieces (often dealing with music criticism itself), Sean Michaels (http://www.saidthegramophone.com/) has been blogging amazing stuff for years, and there are hundreds more talented writers in the HM list who choose to create, not complain. Clicking on a page labeled “Popular” and being upset that it shows you what people like, is like pretending not to understand why McDonalds is popular. If you go to the supermarket, bypass the fruits and vegetables, and run directly to the Doritos aisle, where’s the onus there?
This was inspired by the 140conf rant, but it isn’t in defense of our website—I know that’s the dude’s shtick, and it’s eh, whatever. This is in defense of music on the internet. The good writing, the weird, wonderful music you’ve never heard, it’s all there. And if it’s important to you, you can put the tiniest bit of effort into finding it. Here’s a start: http://www.blogs.com/topten/top-10-music-blogs-you-havent-heard-or-read/
«Sarebbe bello sentire magari qualcuno di una band raccontare cosa significa produrre "contenuti" tutti i giorni e quanto questo toglie mistero e fasciano dall'essere un musicista, dal fare musica ecc.»
ciao, e.