We counted on each other for love, survival and everything else
Qui non l'avevo ancora scritto ma il primo disco che ho comprato nel 2010 non è stato quello dei Vampire Weekend o degli Spoon, bensì quello dei Surfer Blood.
Qualcosa mi aveva catturato sin dal primo ascolto (l'impetuoso singolo Swim, in free download su Holiday Records l'estate scorsa) e poi mi sono rimasti addosso, senza che capissi bene nemmeno io come. Ritrovavo il loro nome ovunque, e il torrente dell'hype da lì a poco sarebbe diventato un fiume in piena. Da una trionfale invasione al CMJ al bollino "Best new music" di Pitchfork il passo è sembrato breve, quasi automatico.
Credo che Astro Coast per me sia un disco - banalmente - davvero molto bello perché funziona come un nastrone. E non uno qualunque, ma un nastrone che avrei potuto fare un pomeriggio intorno alla metà degli Anni Novanta, pieno com'è di riferimenti a Weezer, Pavement, Built To Spill, Yo La Tengo (Anchorage sembra citare addirittura Teen Age Riot dei Sonic Youth).
E al tempo stesso, i Surfer Blood riescono a brillare con una luce che è in tutto e per tutto di oggi: lo scintillio metallico di certi riverberi, certe melodie che si inerpicano alla Shins, a volte il tono scanzonato e intelligente da Vampire Weekend (Take It Easy o ancora di più Neighbour Riffs), anche se bisogna ammettere che i testi non sono proprio un punto di forza della band della Florida.
Il suono che i Surfer Blood disegnano ha dei curiosi effetti su di me. Le loro canzoni sembrano restare appese nell'aria intorno anche quando sono finite, e mi ritrovo a inseguire una melodia di cui non conosco le parole. In un genere ormai saturo come l'indie rock, in cui sembra davvero complicato esprimere qualcosa con la dovuta forza, i Surfer Blood hanno indovinato la formula per spingere al massimo il volume.
>>>(mp3): Surfer Blood - Fast Jabroni
Qui non l'avevo ancora scritto ma il primo disco che ho comprato nel 2010 non è stato quello dei Vampire Weekend o degli Spoon, bensì quello dei Surfer Blood.
Qualcosa mi aveva catturato sin dal primo ascolto (l'impetuoso singolo Swim, in free download su Holiday Records l'estate scorsa) e poi mi sono rimasti addosso, senza che capissi bene nemmeno io come. Ritrovavo il loro nome ovunque, e il torrente dell'hype da lì a poco sarebbe diventato un fiume in piena. Da una trionfale invasione al CMJ al bollino "Best new music" di Pitchfork il passo è sembrato breve, quasi automatico.
Credo che Astro Coast per me sia un disco - banalmente - davvero molto bello perché funziona come un nastrone. E non uno qualunque, ma un nastrone che avrei potuto fare un pomeriggio intorno alla metà degli Anni Novanta, pieno com'è di riferimenti a Weezer, Pavement, Built To Spill, Yo La Tengo (Anchorage sembra citare addirittura Teen Age Riot dei Sonic Youth).
E al tempo stesso, i Surfer Blood riescono a brillare con una luce che è in tutto e per tutto di oggi: lo scintillio metallico di certi riverberi, certe melodie che si inerpicano alla Shins, a volte il tono scanzonato e intelligente da Vampire Weekend (Take It Easy o ancora di più Neighbour Riffs), anche se bisogna ammettere che i testi non sono proprio un punto di forza della band della Florida.
Il suono che i Surfer Blood disegnano ha dei curiosi effetti su di me. Le loro canzoni sembrano restare appese nell'aria intorno anche quando sono finite, e mi ritrovo a inseguire una melodia di cui non conosco le parole. In un genere ormai saturo come l'indie rock, in cui sembra davvero complicato esprimere qualcosa con la dovuta forza, i Surfer Blood hanno indovinato la formula per spingere al massimo il volume.
>>>(mp3): Surfer Blood - Fast Jabroni
(photo by Giulia Mazza)
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