Mika Miko + Strange Boys live in New York
Dopo la serata al Mercury Lounge torna a scrivermi Serena da New York, fortunata frequentatrice di concerti nella Grande Mela. Questa volta è andata a vedere un paio di band di cui si è parlato da poco anche su queste pagine. È tutto fantastico, ma mi domando: che cosa diavolo è l'effetto slappa?
Il tour di Mika Miko / Strange Boys è sbarcato a NY per due date, colonizzandomi -inaspettatamente- il weekend. Pianificati inizialmente solo per sabato sera (la prima delle due date), per lasciare spazio alle miriadi di altri avvenimenti musicali sparsi per il quartiere in occasione del Northside festival, dopo aver presenziato alla prima tappa ho finito col fare il bis con gioia il giorno dopo, senza chiedermelo neppure troppo.
The Market Hotel è una venue relativamente nuova della scena alternativa newyorkese. Ex bar clandestino dominicano negli anni '70 e attuale tetto di un gruppo di ragazzi -che ha generosamente deciso di aprire ad avvenimenti musicali all ages- è divenuto in breve tappa di passaggio di tutte le band più interessanti della scena indie-rock-punk-noise.
First act: Fiasco, giovane trio di Brooklyn dal math rock casinaro ma al tempo stesso di notevole precisione tecnica. Due uscite all'attivo (una autonoma e l'altra -strumentale- per IMPOSED Records) risultanti in un accozzaglia di metal punkeggiante sia strumentale che cantato. Live decisamente più punk che su disco. Io li preferisco su disco (ma sono la tipica antipatica che va ai concerti e si lamenta dell'atmosfera da festa di compleanno dell'amico sbomballone delle medie, quindi forse non faccio testo). I tre ci tirano anche se a mio parere l'effetto generale dopo i primi quindici minuti sfiora pericolosamente la monotonia.
Le successive Coathangers, ad essere onesti, mi hanno creato non pochi problemi. Di udito, concetto e (in?)consistenza musicale. Ma perché così tante -troppe- girl band devono essere COSÌ banalmente urlazzone e sguaiate? Ho aspettato un'illuminazione per descrivere con parole quello che mi hanno causato, finché mi sono imbattuta nello spettacolare commento di un lettore su Brooklyn Vegan che non potrebbe ricalcare meglio le mie opinioni:
"Let's start a band"
"But we can't play instruments and we have no talent"
"I got it - let's just buy the cheapest instruments available and spend all our remaining money on clothes and tattoos. I bet you if we dress cool enough... no one will notice that we are horribly untalented, amateur and have no clue how to write anything that could be classified as music"...
(Anche se dissento con forza sull'analogia di attitudine che più avanti fa con le Vivian Girls).
E basta con 'ste girl band raffazzone che ti trapanano i timpani senza una ragione. E lo dice una che della tecnica se ne frega altamente, ma qua tutto l'insieme è davvero troppo, siamo davvero davanti agli ultimi rigurgiti gratuiti da riot grrrl isterica della domenica.
Seguono gli Strange Boys: fenomenali. Se chiudi gli occhi potresti immaginarli come colonna sonora di un ballo di fine anno in Texas, in cui il tempo è rotolato stantio dagli anni '60 a oggi, mentre i partecipanti stanno ancora pigramente ondeggiando sulle loro note, in sneakers e cappelli da cowboy impolverati, tutti ancora sballati duri.
Dal vivo sembrano ancora più giovani e annoiati che in foto, le canzoni ancora più lo-fi e trascinate e la voce ancora più cigolante che su disco. Difficile dire cosa abbia marcato i momenti più salienti della loro performance, tanto è stata di grandissimo impatto: io ho lasciato il cuore su Woe Is You and Me, Should've Shot Paul e To Turn a Tune Or Two. Credo che il live sia specialmente interessante per tutta la serie di giochi degli opposti che -pur nella sua compattezza finale- instaura: datato ma attuale, già sentito ma originale, trascinato ma estremamente energico.
Prendere possesso del palco dopo la loro performance era un compito veramente oneroso per le Mika Miko... ma che le californiane lo hanno gestito alla grande, uscendone a testa alta. Sicuramente aiutate dallo scatenato pubblico di maggioranza teenager (rimasti nelle retrovie per Strange Boys), lo show delle Mika Miko è stato energia e divertimento allo stato puro. In ordine ho: perso una scarpa i primi dieci minuti e goduto dell'effetto piadina (lateralmente e da vie aeree) per tutto il resto del concerto. Ottimo.
Fin dall'inizio una serie di problemi tecnici vari ha compromesso la performance: le quattro erano effettivamente scazzate, un amplificatore è stato rimpiazzato, il microfono di una della cantanti ha manifestato pulsioni anarchiche e onestamente il suono in generale non prometteva nulla di buono. Il tutto finché, risultato chiaro che la rivolta della tecnologia non si sarebbe placata (anzi), le quattro si sono rotte e han levato bruscamente le tende.
In ogni caso la mezz'ora di concerto è stata tiratissima: pezzi dal più recente We be Xuxa (disco non del tutto convincente e abbastanza sottotono -a parte qualche eccezione. E il live ne è la conferma, io credo, in quanto i pezzi proposti da suddetto album sono davvero pochi) si uniscono a quelli di 666 e C.Y.S.L.A.B.F. in un unico effetto slappa divertita.
Wild Bore, I Got a Lot, Totion, Turkey Sandwich hanno gettato le basi per danze scomposte, fino a quando non sono arrivate Blues Not Speed e On the Rise ad abbassare drasticamente la tensione raggiunta: nemmeno lo sbambuzzame si sforzava più a pogare, sfruttando il momento per riprendere un po' fiato.
La successiva Take hold ci ha spaccato tutti un'ultima volta, dopodiché l'ennesimo problema tecnico ha contribuito a un finale antipatico in cui la band prende su senza dare troppe spiegazioni e se ne va.
Onestamente non mi andava di rimanere con l'idea del concerto abortito e quindi recarmi al Cake Shop il giorno dopo per la seconda gig è stata una decisione che si è presa da sola. Probabilmente uno dei miei locali preferiti, ottima acustica, generalmente ottimo pubblico, ottimo +21 (quando ci si abitua alla spocchia dei concerti senza bambinozzi è dura poi tornare ad accettarne la presenza), belle lucine indie natalizie di decoro on stage, le premesse erano tutte a favore di uno show radicalmente diverso. E col senno di poi, tutto di guadagnato (cosa che onestamente non mi sarei aspettata, reputando più azzeccata per il sound di entrambe le band una location più spartana).
Nel caso specifico delle Mika Miko, di umore decisamente migliore, dopo essersi intrattenute in improbabili conversazioni a tema surreale, si sono lanciate in un live più tirato -e con più fondamento- del precedente.
Questa volta sono stata finalmente capace di decifrarne suoni e modalità, senza la paura di ritrovarmi schiacciata da un teenager volante in stage diving: le linee vocali sono gestite per la maggior parte dalla cantante/sassofonista Jenna Thornhill, che dal vivo sfoggia energia e potenza veramente notevoli. Interessante il ping pong con la cantante bionda (Jennifer Clavin) che saltella avanti e indietro, si alterna alla chitarra ed è proprio bella e ben vestita e ha più presenza scenica, per cui le si concede un po' quello che vuole.
La scaletta ha seguito le orme del giorno prima, con l'aggiunta di qualche pezzo da album vecchi e con le stesse cadute sugli stessi due pezzi.
Strange Boys ugualmente assassini e quindi non mi sto a dilungare in ulteriori lodi.
Una doppietta davvero delle più divertenti mai viste, di sicuro non brillante a livello di originalità, ma quando esci due giorni di fila dallo stesso concerto desiderando possa essercene un terzo il giorno dopo ancora io credo che l'originalità possa aspettare.
>>>(mp3): Mika Miko - Turkey Sandwich
>>>(mp3): The Strange Boys - Should Have Shot Paul
>>>(mp3): The Coathangers - Stop Stomp Stompin'
>>>(mp3): Fiasco - Oh, You Horny Monster!
Dopo la serata al Mercury Lounge torna a scrivermi Serena da New York, fortunata frequentatrice di concerti nella Grande Mela. Questa volta è andata a vedere un paio di band di cui si è parlato da poco anche su queste pagine. È tutto fantastico, ma mi domando: che cosa diavolo è l'effetto slappa?
Il tour di Mika Miko / Strange Boys è sbarcato a NY per due date, colonizzandomi -inaspettatamente- il weekend. Pianificati inizialmente solo per sabato sera (la prima delle due date), per lasciare spazio alle miriadi di altri avvenimenti musicali sparsi per il quartiere in occasione del Northside festival, dopo aver presenziato alla prima tappa ho finito col fare il bis con gioia il giorno dopo, senza chiedermelo neppure troppo.
The Market Hotel è una venue relativamente nuova della scena alternativa newyorkese. Ex bar clandestino dominicano negli anni '70 e attuale tetto di un gruppo di ragazzi -che ha generosamente deciso di aprire ad avvenimenti musicali all ages- è divenuto in breve tappa di passaggio di tutte le band più interessanti della scena indie-rock-punk-noise.
First act: Fiasco, giovane trio di Brooklyn dal math rock casinaro ma al tempo stesso di notevole precisione tecnica. Due uscite all'attivo (una autonoma e l'altra -strumentale- per IMPOSED Records) risultanti in un accozzaglia di metal punkeggiante sia strumentale che cantato. Live decisamente più punk che su disco. Io li preferisco su disco (ma sono la tipica antipatica che va ai concerti e si lamenta dell'atmosfera da festa di compleanno dell'amico sbomballone delle medie, quindi forse non faccio testo). I tre ci tirano anche se a mio parere l'effetto generale dopo i primi quindici minuti sfiora pericolosamente la monotonia.
Le successive Coathangers, ad essere onesti, mi hanno creato non pochi problemi. Di udito, concetto e (in?)consistenza musicale. Ma perché così tante -troppe- girl band devono essere COSÌ banalmente urlazzone e sguaiate? Ho aspettato un'illuminazione per descrivere con parole quello che mi hanno causato, finché mi sono imbattuta nello spettacolare commento di un lettore su Brooklyn Vegan che non potrebbe ricalcare meglio le mie opinioni:
"Let's start a band"
"But we can't play instruments and we have no talent"
"I got it - let's just buy the cheapest instruments available and spend all our remaining money on clothes and tattoos. I bet you if we dress cool enough... no one will notice that we are horribly untalented, amateur and have no clue how to write anything that could be classified as music"...
(Anche se dissento con forza sull'analogia di attitudine che più avanti fa con le Vivian Girls).
E basta con 'ste girl band raffazzone che ti trapanano i timpani senza una ragione. E lo dice una che della tecnica se ne frega altamente, ma qua tutto l'insieme è davvero troppo, siamo davvero davanti agli ultimi rigurgiti gratuiti da riot grrrl isterica della domenica.
Seguono gli Strange Boys: fenomenali. Se chiudi gli occhi potresti immaginarli come colonna sonora di un ballo di fine anno in Texas, in cui il tempo è rotolato stantio dagli anni '60 a oggi, mentre i partecipanti stanno ancora pigramente ondeggiando sulle loro note, in sneakers e cappelli da cowboy impolverati, tutti ancora sballati duri.
Dal vivo sembrano ancora più giovani e annoiati che in foto, le canzoni ancora più lo-fi e trascinate e la voce ancora più cigolante che su disco. Difficile dire cosa abbia marcato i momenti più salienti della loro performance, tanto è stata di grandissimo impatto: io ho lasciato il cuore su Woe Is You and Me, Should've Shot Paul e To Turn a Tune Or Two. Credo che il live sia specialmente interessante per tutta la serie di giochi degli opposti che -pur nella sua compattezza finale- instaura: datato ma attuale, già sentito ma originale, trascinato ma estremamente energico.
Prendere possesso del palco dopo la loro performance era un compito veramente oneroso per le Mika Miko... ma che le californiane lo hanno gestito alla grande, uscendone a testa alta. Sicuramente aiutate dallo scatenato pubblico di maggioranza teenager (rimasti nelle retrovie per Strange Boys), lo show delle Mika Miko è stato energia e divertimento allo stato puro. In ordine ho: perso una scarpa i primi dieci minuti e goduto dell'effetto piadina (lateralmente e da vie aeree) per tutto il resto del concerto. Ottimo.
Fin dall'inizio una serie di problemi tecnici vari ha compromesso la performance: le quattro erano effettivamente scazzate, un amplificatore è stato rimpiazzato, il microfono di una della cantanti ha manifestato pulsioni anarchiche e onestamente il suono in generale non prometteva nulla di buono. Il tutto finché, risultato chiaro che la rivolta della tecnologia non si sarebbe placata (anzi), le quattro si sono rotte e han levato bruscamente le tende.
In ogni caso la mezz'ora di concerto è stata tiratissima: pezzi dal più recente We be Xuxa (disco non del tutto convincente e abbastanza sottotono -a parte qualche eccezione. E il live ne è la conferma, io credo, in quanto i pezzi proposti da suddetto album sono davvero pochi) si uniscono a quelli di 666 e C.Y.S.L.A.B.F. in un unico effetto slappa divertita.
Wild Bore, I Got a Lot, Totion, Turkey Sandwich hanno gettato le basi per danze scomposte, fino a quando non sono arrivate Blues Not Speed e On the Rise ad abbassare drasticamente la tensione raggiunta: nemmeno lo sbambuzzame si sforzava più a pogare, sfruttando il momento per riprendere un po' fiato.
La successiva Take hold ci ha spaccato tutti un'ultima volta, dopodiché l'ennesimo problema tecnico ha contribuito a un finale antipatico in cui la band prende su senza dare troppe spiegazioni e se ne va.
Onestamente non mi andava di rimanere con l'idea del concerto abortito e quindi recarmi al Cake Shop il giorno dopo per la seconda gig è stata una decisione che si è presa da sola. Probabilmente uno dei miei locali preferiti, ottima acustica, generalmente ottimo pubblico, ottimo +21 (quando ci si abitua alla spocchia dei concerti senza bambinozzi è dura poi tornare ad accettarne la presenza), belle lucine indie natalizie di decoro on stage, le premesse erano tutte a favore di uno show radicalmente diverso. E col senno di poi, tutto di guadagnato (cosa che onestamente non mi sarei aspettata, reputando più azzeccata per il sound di entrambe le band una location più spartana).
Nel caso specifico delle Mika Miko, di umore decisamente migliore, dopo essersi intrattenute in improbabili conversazioni a tema surreale, si sono lanciate in un live più tirato -e con più fondamento- del precedente.
Questa volta sono stata finalmente capace di decifrarne suoni e modalità, senza la paura di ritrovarmi schiacciata da un teenager volante in stage diving: le linee vocali sono gestite per la maggior parte dalla cantante/sassofonista Jenna Thornhill, che dal vivo sfoggia energia e potenza veramente notevoli. Interessante il ping pong con la cantante bionda (Jennifer Clavin) che saltella avanti e indietro, si alterna alla chitarra ed è proprio bella e ben vestita e ha più presenza scenica, per cui le si concede un po' quello che vuole.
La scaletta ha seguito le orme del giorno prima, con l'aggiunta di qualche pezzo da album vecchi e con le stesse cadute sugli stessi due pezzi.
Strange Boys ugualmente assassini e quindi non mi sto a dilungare in ulteriori lodi.
Una doppietta davvero delle più divertenti mai viste, di sicuro non brillante a livello di originalità, ma quando esci due giorni di fila dallo stesso concerto desiderando possa essercene un terzo il giorno dopo ancora io credo che l'originalità possa aspettare.
>>>(mp3): Mika Miko - Turkey Sandwich
>>>(mp3): The Strange Boys - Should Have Shot Paul
>>>(mp3): The Coathangers - Stop Stomp Stompin'
>>>(mp3): Fiasco - Oh, You Horny Monster!
Commenti
SUPER!!!