A chi ama l'indiepop e l'indie rock, la prolifica e fittamente interconnessa scena alternativa della Bay Area regala sempre grandi soddisfazioni musicali. Questa strana estate 2022 non fa eccezione, e negli ultimi tempi una manciata di etichette e musicisti, che spesso condividono e si scambiano progetti e collaborazioni, ha fatto uscire un po' di musica che mi ha colpito al cuore.
Mi ero innamorato dei Flowertown un paio di anni fa, all'epoca della loro cassetta Theresa Street, e nel frattempo Karina Gill (già nei Cindy) e Michael Ramos (Tony Jay) hanno continuato a perfezionare, anzi vorrei quasi dire a distillare il loro affascinante e indolente dream pop, inquieto e romantico al tempo stesso. Ora hanno fatto uscire un nuovo e corposo EP dal titolo Half Yesterday in cui i riverberi rendono le canzoni ancora più rarefatte, calme e impalpabili. Si consiglia l'ascolto al buio, lasciandosi sfiorare. Non mancano le sorprese, come alcuni momenti più jangling e dolenti (la title track), e i riuscitissimi contrappunti tra le voci "oftentimes coming up with two separate melodies".
L'immagine che riassume queste 8 canzoni mi sembra abbastanza enigmatica e suggestiva da ricopiarla qui per intero: "Sotto un cielo che sbiadisce nel rosa e nel blu, le luci della città cominciano a brillare al tramonto. Un differente spettatore osserva fuori e si domanda se quello che stanno vedendo è giusto".
Il nuovo lavoro di R.E. Seraphin è ancora una volta un EP, evidentemente il suo formato prediletto, ed è ancora una volta un classico disco “covid-core”, come il precedente A Room Forever. Pur avendo coinvolto una nutrita schiera di di amici e collaboratori “da remoto”, come Matt Bullimore (dei Mantles!), Joel Cusumano (Cocktails), Yea-Ming Chen (Yea- Ming Chen & The Rumours), Jasper Leach (Tony Molina) e il chitarrista Owen Kelley (Sleepy Sun), la principale differenza di questo nuovo Swingshift tutto registrato in casa sono forse i riferimenti musicali. È vero, sono presenti in scaletta due cover di Television Personalities (This Time There's No Happy Ending) e Wipers (I'll Be Around), ma l’atmosfera è cambiata, con un utilizzo maggiore dei synth, ritornelli agrodolci e un po' Seventies, rock’n’roll maturo e più controllato. La cartella stampa si lancia in suggestivi paragoni del tipo “Replacements gone psychedelic, Cheap Trick gone to Mars, Cleaners from Venus if they bothered to mix their records” che apprezzo di certo. Aggiungerei che sembra di sentire anche certi altri classici, come i Girls (Stuck In Reno) oppure i Fountains Of Wayne (Playing House). Come una cassetta che ritrovi nel cruscotto della macchina e ti riporta alla memoria lunghi viaggi di qualche anno fa, strappandoti un sorriso.
Ray Seraphin, insieme a Phil Lantz, già batterista dei Chime School, Robb Goodson dei Warm Soda e al già citato Owen Kelley partecipa anche ai Sob Stories, ennesimo progetto di Joel Cusumano. Il loro secondo album Fair Shakes era uscito qualche mese fa in primavera ma, complice l'arrivo dell'estate e il bisogno di dischi che ti facciano battere le mani sul volante mentre la strada si distende all'infinito, mi sono trovato ora ad ascoltare più spesso queste 12 canzoni di classico power pop. Chitarre belle piene alla Replacements, ritornelli che a volte mi ricordano certi Teenage Fanclub e qualche assolo più rumoroso alla Guided By Voices: non aspettatemi a casa presto, farò un giro più lungo per rimettere il disco da capo.
Dei Vivian Panache non so letteralmente nulla: pare che non esistano profili o interviste sulle webzine, né blog che parlano di loro. Hanno giusto un account su Instagram dove postano le locandine dei loro concerti DIY tra Oakland e San Francisco, e un Bandcamp dove ho trovato (senza credits né altre info) il loro secondo album, dal programmatico titolo Move Your Body. Il suono di questo giovane trio californiano è un punk funk particolarmente rilassato e limpido, con un approccio alla materia dance senza troppa ansia, come dei Chk Chk Chk in vacanza che abbiano dimenticato tutte le inquietudini post-punk metropolitane. Una chitarra asciuttissima e un basso in primo piano, come da manuale, ma qualcosa nel tiro dei groove senza pretese o nell'aria svagata delle melodie e della voce mi trasmette una curiosa simpatia. Perfetti per tenere il tempo e non perdere il sorriso in questi torridi pomeriggi apocalittici.
Un'ottima maniera per conoscere meglio il sottobosco delle band della Baia può anche essere quello di cominciare dalla compilation "Welcome to Oakland" appena pubblicata dalla Dandy Boy Records: 16 canzoni che spaziano dall'indiepop allo shoegaze, dal garage rock all'hip-hop. Per usare le parole dello stesso fondatore dell'etichetta Bobby Martinez, "I always say I just want to do cool shit with my friends, and that's how I've run the label. My original goal with the label was to make a comp of Oakland artists I dug and wanted other people to know about and release a tape right when shows returned. I wanted to create a reminder / guide to what was going on in our backyard. I wanted to show everyone how exciting Oakland music is". Una magnifica lettera d'amore alla scena indipendente della città.
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