La parola finale del disco è “unity”. Per arrivare a pronunciarla, Quale futuro?, l’atteso album d’esordio dei Qlowski, compie un lungo e tormentato percorso, fatto di lotte, ansie, dubbi e slanci. Come recita proprio la canzone d’apertura, Ikea Youth Pt.2 (una rielaborazione più rumorosa e asfittica del loro precedente singolo), "It’s an endless struggle / In our homes, on the street". Ai Qlowski sta molto a cuore parlare di futuro, lo fanno a partire dal titolo stesso del lavoro, ma lo fanno anche aggiungendo subito un punto interrogativo. È solo il primo di una lunga serie. La “endless struggle”, infatti, è anche quella delle incessanti domande rivolte al futuro che attraversano le strofe di queste undici e inquiete canzoni.
Who am I? Who are you? What's the deal? (A Woman)
What’s left for us? What’s left to do? (Lentil Soup)
Where you stand? What’s your side? (The Wanderer)
Domande e interrogativi che ritroviamo anche tra i saggi, le poesie e i disegni della fanzine allegata all’album: una manciata di pagine pronte a dare battaglia per conquistare quel futuro che i Qlowski e la loro generazione sentono gli è stato negato, non solo dall’ultimo tremendo anno e mezzo post Covid, ma da una vita in cui si trovano fare ogni giorno i conti con “inequality, exploitation, systemic racism rooted at every level of our society, rampant sexism and discrimination, unruled and unaccountable policing, unemployment, housing crisis, growing homelessness, youth mental health crisis, enviromental crisis and so on”, senza sapere bene perché.
E quindi domandano, insistono, ripetono, non mollano. Quale futuro? Questo problema martellante si traduce in un suono altrettanto ostinato. La propulsione post-punk è l’anima della musica dei Qlowski, a volte più cupa e tumultuosa (vedi il crescendo portentoso della fantastica coda di To Be True), a volte più ipnotica e acida, come in Larry's Hair Everywhere. Anche quando affiorano le radici più jangling della band, come per esempio in Lotta Continua, non manca mai una sfumatura spigolosa, un’eco della tempesta che infuria nei loro cuori.
Da un lato, l’immaginazione di band come Clean e Half Japanese; dall’altro, i tumulti sonori dei Killing Joke o Echo & The Bunnymen: tutto si mescola vorticoso nella scrittura fiammeggiante dei Qlowski. Se vogliamo citare qualche riferimento più vicino al presente, mi vengono in mente nomi come gli Ought o i Preoccupations, che però non possono contare sul gioco delle due voci tra Michele e Cecilia, necessari ad accentuare i contrasti e i chiaroscuri essenziali per i Qlowski. È il loro modo di rivolgersi al futuro: con un atteggiamento di rivendicazione, ma non per questo meno consapevole, capace di accettare le proprie debolezze e le proprie angosce, e poi di trarne forza (come anche l’omaggio a Pier Paolo Pasolini contenuto nella commovente Interlude (02/11/1975) ben simboleggia).
What’s left for us? What’s left to do? (Lentil Soup)
Where you stand? What’s your side? (The Wanderer)
Domande e interrogativi che ritroviamo anche tra i saggi, le poesie e i disegni della fanzine allegata all’album: una manciata di pagine pronte a dare battaglia per conquistare quel futuro che i Qlowski e la loro generazione sentono gli è stato negato, non solo dall’ultimo tremendo anno e mezzo post Covid, ma da una vita in cui si trovano fare ogni giorno i conti con “inequality, exploitation, systemic racism rooted at every level of our society, rampant sexism and discrimination, unruled and unaccountable policing, unemployment, housing crisis, growing homelessness, youth mental health crisis, enviromental crisis and so on”, senza sapere bene perché.
E quindi domandano, insistono, ripetono, non mollano. Quale futuro? Questo problema martellante si traduce in un suono altrettanto ostinato. La propulsione post-punk è l’anima della musica dei Qlowski, a volte più cupa e tumultuosa (vedi il crescendo portentoso della fantastica coda di To Be True), a volte più ipnotica e acida, come in Larry's Hair Everywhere. Anche quando affiorano le radici più jangling della band, come per esempio in Lotta Continua, non manca mai una sfumatura spigolosa, un’eco della tempesta che infuria nei loro cuori.
Da un lato, l’immaginazione di band come Clean e Half Japanese; dall’altro, i tumulti sonori dei Killing Joke o Echo & The Bunnymen: tutto si mescola vorticoso nella scrittura fiammeggiante dei Qlowski. Se vogliamo citare qualche riferimento più vicino al presente, mi vengono in mente nomi come gli Ought o i Preoccupations, che però non possono contare sul gioco delle due voci tra Michele e Cecilia, necessari ad accentuare i contrasti e i chiaroscuri essenziali per i Qlowski. È il loro modo di rivolgersi al futuro: con un atteggiamento di rivendicazione, ma non per questo meno consapevole, capace di accettare le proprie debolezze e le proprie angosce, e poi di trarne forza (come anche l’omaggio a Pier Paolo Pasolini contenuto nella commovente Interlude (02/11/1975) ben simboleggia).
I Qlowski riconoscono i possibili limiti dell’ingenuità di questa posizione (“We write and writing is useless”) e della loro giovinezza, ma non per questo frenano il loro coraggio, perché sanno bene in quale spietato momento stanno cantando, e quindi non smettono di domandarci: “What future? What futures?”.
- I Qlowski saranno finalmente in concerto in Italia il prossimo 11 settembre a Bologna all'interno del festival Maple Death In The Park organizzato dalla Maple Death Records.
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