I'm feeling good, but I'm sure it will pass

Cheekface - Emphatically No

Everything is OK
Got my old phone replaced
Now I do nothing faster than I did yesterday

Un sacco di strofe dei Cheekface sembrano fatte apposta per suonare come citazioni di qualche stand-up comedy che vorresti segnarti sul diario, mentre altre puntano direttamente nel territorio del surreale ("Quick, touch all the dogs / No late capitalism while I'm talking"), ma in quel modo ambiguo a sufficienza da lasciarti il dubbio che si trattasse di una metafora. Tutto molto brillante, tutto molto consapevole, tutto molto "meta" o forse anche "meta-meta". E tutto quasi sempre sparato a raffica, nevrotico, fulmineo come una logorroica confessione mitragliata nell'ultimo mezzo minuto della sessione di terapia, prima di fiondarsi fuori dalla porta senza aspettare replica. Frenetico come certi versi di Jonathan Richman o Talking Heads, tanto che non sai decidere se Greg Katz sta cantando, parlando o è al telefono con qualche amico nel tentativo di convincerlo che questa volta sarà sincero per davvero e tutto andrà bene, nonostante la situazione stia degenerando, la società intera stia crollando e in effetti anche il proseguimento della vita umana sul pianeta sia abbastanza in dubbio. 
Il mondo che i Cheekface raccontano nel loro nuovo album Emphatically No. è il presente deragliato e danneggiato in maniera irrimediabile che tutti conosciamo bene, e che però riesce a trovare di continuo spiragli per pavoneggiarsi e, al tempo stesso, farsi beffe di sé stesso e della propria sempre più fragile sanità mentale: "There's always a reason to talk about yourself". L'album corre via come uno zapping a notte fonda sempre più febbrile e isterico. "Just because it’s funny doesn’t make it a joke" potrebbe essere un verso chiave per riassumere l'atteggiamento di queste canzoni e mostrarne il meccanismo, salvo poi venire subito dopo sommerso da altre mille immagini folgoranti: "I'm feeling good, but I'm sure it will pass". 
Un altro ovvio termine di paragone che viene subito alla mente ascoltando queste tredici tracce sono certi Pavement in vena di scherzi, e in effetti anche ai Cheekface riesce molto bene confondere l'ascoltatore con nonsense a profusione degni di Malkmus ("If there's one piece of advice that I want to pass along, it's to dress for the dog you want"), mentre le loro chitarre asciutte rileggono la lezione di band come Minutemen o Feelies. In conclusione, però, non hai l'impressione di essere sopraffatto o smarrito, o almeno non più di quanto tu non lo sia già dopo aver scrollato news e social network per mezz'ora, mezza giornata o gli ultimi dodici mesi. Non ha senso tentare di smontare il disco o cercarne tra le pieghe una soluzione definitiva: va assunto tutto in blocco, come un update di sistema. È un album ferocissimo e divertentissimo, che ha la forma di un'istantanea mossa ma anche fin troppo chiara, e che in un certo senso sembra funzionare come uno specchio, tanto per noi quanto per la band.





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