«I remember the term people used back then was "college rock", which is pretty funny because this music was the main reason I dropped out of college!» (Lynn Blakey, della band Holiday).
C'è una lunga stagione musicale in mezzo agli Anni Ottanta degli Stati Uniti che non ha mai raggiunto le classifiche, che non ha (in apparenza) lasciato eredi e che sembrava destinata all'oblio, dato che sono in buona parte scomparsi anche quei piccoli negozi di dischi indipendenti dove potevi scovare vecchi 45 giri nelle ceste a 2 dollari. Una stagione nascosta che si trovò a vivere tra la fine del post-punk e l'arrivo dell'indie rock come fu poi meglio conosciuto, restando lontana tanto dai riflettori del mainstream (gli Ottanta sfavillanti tutti MTV e pop massimalista), quanto dal fertile network alternativo dell'hardcore (quello, per esempio, ben raccontato da Our Band Could Be Your Life). Una stagione che non ha goduto della consapevolezza commerciale dell'indie britannico (vedi How Soon Is Now di Richard King e le sue storie piene di contratti e fatturati: impensabile ambientarle in questi USA), né delle attenzioni e dei riguardi che l'ancora influente stampa musicale riservava a label come Flying Nun, Creation o Postcard, che pure erano parecchio vicine nell'estetica e nell'attitudine.
Esisteva una ricca corrente "parallela" come il californiano Paisley Underground, c'erano fratelli maggiori come R.E.M., The dB's o The Feelies, fondamentali ispirazioni, affini anche se in qualche modo già distanti. Eppure, un intero e folto sottobosco di band sparpagliate in mille scene locali, quasi mai in contatto tra di loro, sembrava destinata a rimanere per sempre nell'oscurità, ignote perfino per le generazioni del nuovo millennio, assuefatte alla retromania e alla disponibilità di ogni risorsa.
Tutte queste band che recuperavano le chitarre dei Byrds e dei Big Star, la frenesia dei Nerves o dei Modern Lovers, il lirismo introverso di Television o Patti Smith, guardavano oltre oceano a Orange Juice o Go-Betweens: "too nervous for pop radio, but not as aggressive as punk, neither grandiose nor nihilistic - it was lean, mean, fairly clean, and very American". A loro Mike Sniper, fondatore della celeberrima Captured Tracks, ha dedicato un'opera monumentale e traboccante amore intitolata Strum & Thrum: The American Jangle Underground 1983 - 1987: compilation in doppio vinile accompagnata da un libro di ottanta pagine che racchiude una preziosissima storia orale e una quantità di fotografie e materiali iconografici (poster, flyer, stralci di fanzine) di una bellezza commovente.
Non so come si possa cominciare a scrivere una recensione di un'opera del genere. Se amate quel "guitar pop" di cui ormai conosciamo a memoria una certa linea genealogica (post-punk, Television Personalities, Scozia, C86, Sarah...) preparatevi a dover aggiungere una prospettiva diversa e ad affezionarvi a una folta schiera di nomi che non conoscevate, alcuni durati appena il tempo di un paio di singoli e il passaggio su qualche college radio. Torna subito in mente la ricerca svolta da un'altra storica compilation, la leggendaria Nuggets curata da Lenny Kaye, e per il bene dell'indiepop spero davvero che questo disco diventi negli anni altrettanto influente. La tracklist di Strum & Thrum non risparmia informazioni sulle uscite regionali di ogni vinile, sulle strade prese dai vari musicisti, e arriva a comporre una foto di gruppo incredibile. Band di provincia che a volte ignoravano l'esistenza le une delle altre ma che insieme hanno contribuito a costruire un suono e un'idea di musica diventati premessa essenziale per l'esplosione indie dei Novanta: non a caso nel libro vengono citati più volte anche Guided By Voices, Yo La Tengo, Sub Pop e Matador.
Il lavoro compiuto dalla Captured Tracks con Strum & Thrum non si può definire altro che esemplare, sia per la ricerca che per la realizzazione, nonché per la presentazione di tutte queste canzoni, vere e proprie gemme perdute che è utile recuperare. C'è una lunga e molto bella intervista a Mike Sniper su Aquarium Drunkard in cui, dopo aver raccontato dei suoi anni da ragazzino commesso nei negozi di dischi, spiega che "this compilation is meant to be for discovery". Ecco, se ancora associate questa parola allo spirito che anima i vostri ascolti musicali e non alla playlist automatica di un algoritmo, fatevi un favore e regalatevi Strum & Thrum.
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