Con cadenza misurata e passo prudente, il senso di sollievo dell’idea di vacanza si avvicina, si insinua, prende possesso di uno spazio a poco a poco più ampio tra i tuoi pensieri. È l’attesa che precede la via di fuga, la traiettoria ancora soltanto immaginata che curverà il tempo tra un attimo: ancora un giorno, aspetta! Non scalpita ancora, ma già spera. L’estate si annuncia nel riflesso dorato di quel minuto in cui puoi dire “stiamo per andare via”.
Di solito qui accadeva nel pomeriggio, quando il tempo si placava, si allargava e si distendeva in un golfo mansueto. La noia segnalava soltanto che ancora non avevi esaurito le risorse. Quei pomeriggi d’estate disfatti nella noia, nella solitudine e nell’ombra dietro le finestre socchiuse quando eravamo ragazzini, quanta nostalgia oggi.
Non credo che i Cindy, quartetto dream pop di San Francisco in attività dal 2016, avessero esattamente in mente l’estate o certi languidi pomeriggi dell’adolescenza mentre realizzavano questo loro secondo album Free Advice, ma l’effetto che queste rarefatte canzoni hanno avuto su di me è stato proprio quello di trasportarmi in un luogo assolato dal tempo sospeso, tra parole che faticavi a trovare, in quell’incanto vago tra la promessa e il sapore della verità che ti afferrava.
Sono canzoni che, in qualche modo, risuonano già nella memoria. Prendi, per esempio, la ballata Song 23: è scandita soltanto da un basso sornione, mentre un esile tappeto di tastiera sembra sempre sul punto di evaporare via. La voce di Karina Gill sussurra una melodia semplice, forse sensuale o forse malinconica, di cui non sembra possibile afferrare il contorno preciso. Eppure, ogni nota cade con un’eleganza irresistibile. È un gesto calmo e controluce, che ti allenta il respiro.
E questo succede anche in canzoni meno scarne, come nella stupenda Falcon Heavy, fatta quasi di una materia Stereolab, ma sfaldata e più introversa, o nella quasi velvetiana title track, anche se bisogna riconoscere che nei ritmi più indolenti i Cindy danno il meglio di sé. Non poteva poi mancare una traccia in francese, Plus Ou Moins, a rinforzare il gioco della seduzione.
Il comunicato che presenta l’album cita l’ineludibile riferimento dei Galaxie 500, e io aggiungerei anche certe atmosfere più delicate degli Yo La Tengo (mentre Glenn Donaldson menziona anche i Low). Insomma, un suono ideale per chi sente già il cuore vibrare d’altrove, chi segue un solitario sentiero tra le dune in cerca della spiaggia, chi ha già voglia di avventurarsi tra le siepi, le foglie e i muri di un giardino lontano, deserto e immerso nella luce d’estate, tantissimo tempo fa.
NB: sul Bandcamp della label Mt.Snt.Mnt è specificato che «All proceeds from the sale of this release will be donated to The Movement For Black Lives, "an ecosystem of individuals and organizations creating a shared vision and policy agenda to win rights, recognition, and resources for Black people"»: bravi!
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