"Every new mistake": intervista agli Smile

Smile - Every New Mistake

Mi manda un messaggio Hamilton Santià da Torino per dirmi che ha un nuovo gruppo. Faccio partire il Soundcloud e appena sento quelle chitarre mi viene da sorridere e vorrei rispondergli "sì, ma non ti divertire troppo" (*). Non posso farci niente, quel caro vecchio indie rock riesce sempre a conquistarmi, e ogni volta mi meraviglio che qualcuno abbia ancora voglia di tornare qui. La canzone finisce troppo in fretta, mi resta la curiosità e ho voglia di sapere qualcosa di più di questi Smile. È deciso, facciamo un'intervista al volo:



Partiamo dall'inizio: gli Smile sono all'esordio ma in realtà riuniscono musicisti con esperienze significative alle spalle. Vuoi introdurre la band al suo nuovo pubblico e raccontarci come vi siete messi assieme?
Era da un po’ di tempo che con Michele (Sarda, il cantante) volevamo tornare a suonare dopo quasi in decennio dall'esperienza degli Squirrel. Io sono stato fermo qualche anno dopo la fine dei Somewhere Between, concentrandomi su altre cose; lui ha costruito un bel percorso fatto di canzone d’autore (con il suo progetto solista Neverwhere, indie di ottima fattura (suona il basso con i New Adventures in Lo-Fi) e, ultimo ma non ultimo, stoner psichedelico e sperimentale (come Swörn). Avevamo un paio di idee su come dovessimo suonare e cosa avevamo intenzione di fare, ma ci mancavano le persone che innescassero la giusta chimica.
Poi un giorno arriva a Michele un "video curriculum" in cui un suo amico gli propone un bassista che sta cercando una band, ed ecco Mariano Zaffarano, musicista in grado di suonare su letteralmente qualsiasi cosa tirando fuori cose interessantissime. Infine, dopo una serata in cui suona un gruppo indie torinese, i Lay, chiediamo al batterista se vuole provare qualche volta e di colpo ci ritroviamo con Francesco Musso (che ha pure lui un bel percorso anche con Maniaxxx e Ghost Friend). Sembra una di quelle cose che capitano in un film un po’ retorico sulla forza catartica del rock and roll, ma quando ci siamo trovati in sala per la prima volta a lavorare sulle canzoni — avevamo già quattro o cinque idee — era come se non aspettassimo altro: la giusta chimica era arrivata così, nel modo più giusto e naturale possibile. E la prima canzone a uscire è stata proprio Every New Mistake.

E infatti questo primo singolo ha tutta l’aria di una dichiarazione di intenti: indie rock classico e potente, dentro cui puoi ritrovare differenti influenze, dagli Hüsker Dü ai R.E.M., fin giù ai Get Up Kids, e che cerca di travolgere tutto in meno di tre minuti. Soltanto nostalgia, o pensi che nel 2020 questo suono di chitarre abbia ancora spazio?
Noi siamo una band con le chitarre, indubbiamente, ma il punto fondamentale è rimettere al centro un’idea di scrittura basata sulla canzone. E penso che la canzone sarà sempre in grado di prendersi uno spazio. Sulle chitarre poi il discorso è molto interessante perché, ogni volta che vengono date per morte, tornano a dire cose cariche di significato. Forse non sono lo strumento musicale egemone di questi anni, ma alla fine non è importante. Noi siamo questa cosa qui: chitarre, melodie, potenza (soprattutto dal vivo!). Non è un discorso nostalgico, perché stiamo vivendo un periodo storico molto particolare in cui non ha più senso nascondersi dietro elementi di stile cui non si sente appartenenza o cercando un sound consolatorio. Forse è effettivamente il momento di qualcosa di completamente diverso!

Il resto delle canzoni a cui state lavorando si muove nella stessa direzione? Cioè, in effetti sto dando per scontato che ci sia un album dietro un “primo singolo”: ma è un formato a cui guardate ancora, oppure pensate che oggi abbia più senso pubblicare pezzi via via, avendo in mente streaming e social?
La nostra idea di scrittura è molto coerente e le canzoni seguono percorso. Dopo un concerto un paio di persone ci hanno detto che per essere agli inizi abbiamo già un sound specifico e questo per me è un grandissimo complimento. Abbiamo chiuso il 99% del disco pochi giorni prima del lockdown con l’idea di farlo comunque uscire in autunno più che altro per avere qualcosa di fisico da poter dare alle persone che vogliono supportarci. Però sì, credo che le due cose debbano andare in parallelo: stiamo immaginando un percorso che prevede la pubblicazione di altre canzoni da qui in avanti perché sappiamo che in questo momento storico la canzone è “the real thing” per sfruttare al meglio streaming, social e nuovi ecosistemi di consumo. Da un certo punto di vista non è nemmeno male essendo noi una band che scrive canzoni. Se solo avessimo i soldi per farle uscire tutte in 7” sarebbe perfetto!

La stessa tensione del vostro suono si riflette nei testi? Quanto sono importanti le storie che volete raccontare? Nascono assieme alla scrittura della musica o seguono due strade separate?
Questa idea di scappare dalla consolazione e dagli elementi di stile che non appartengono si riflettono anche nei testi. Siamo tutti lavoratori più o meno precari, ancorati in attività routinarie e di cui ogni tanto non vediamo il senso (figuriamoci in questo periodo, poi). Quindi cerchiamo di fare in modo che i testi catturino la tensione, il nervosismo e la contraddizione che viviamo raccontando un personale che volge verso il collettivo di un vero e proprio “spirito del tempo”. Quando abbiamo iniziato, Michele cantava e suonava la chitarra. Un giorno ha deciso di lasciare a me il compito di occuparmi di tutte le chitarre così da potersi concentrare sulla voce e sui testi, che compone in solitaria dopo aver assorbito tutte le vibrazioni della canzone che si forma in sala.

E ora l’inevitabile domanda sulla “SCENA”: parlami della vostra città, di come gli Smile la vivono musicalmente, qual è il loro giro, i posti, i riferimenti, le altre band...
fromturintoaustin.bandcamp.com
Torino ha avuto un periodo di sonnolento adagiarsi post-olimpico da cui si stava lentamente risvegliando prima di questo lockdown. Ci sono alcuni luoghi in cui si è cercato di coagularsi e fare ‘scena’ come il Blah Blah, lo sPAZIO211, il Magazzino sul Po, ma anche esperienze più laterali come lo Ziggy. Anche locali in cui non si fa musica dal vivo sono diventati luoghi di ritrovo per chi si occupa di musica, anche solo per bersi una birra e ipotizzare “cose” oltre a qualche circolo Arci che magari non ha lo spazio per suonare in elettrico e a volumi allucinanti come piacerebbe a noi, ma in cui si cerca sempre di far succedere qualcosa.
Sono nate band interessanti, ci sono musicisti sempre più visibili e qualche progetto attorno a cui si sta creando un vero e proprio senso di appartenenza a una sensibilità condivisa. Penso all’ultimo caso in ordine di tempo: il nostro tributo a Daniel Johnston, in cui si raccolgono alcune band e esperienze locali che non vogliono rassegnarsi alle ‘solite cose’ del pop, ma guardare al mondo. Tributo cui noi Smile abbiamo partecipato con una versione un po’ nervosa di Life in Vain

In questo periodo triste e incasinato, fare una domanda sui progetti futuri rischia quasi di sembrare fuori luogo o di cattivo gusto, ma d’altra parte avete scelto di esordire in questa strana primavera 2020 e quindi siete preparati a tutto: cosa c’è in calendario per gli Smile nei prossimi mesi?
Se abbiamo deciso di esordire al netto del lockdown non è stato per adagiarsi alla narrazione per cui “andrà tutto bene”, casomai per dire l’opposto: niente sarà più come prima. Infatti il pezzo si chiama “Every New Mistake” e parla di incapacità di incidere, di esserci, di agire. Oltre a voler tornare a suonare il prima possibile (ci mancano terribilmente sia il palco che la sala) abbiamo in cantiere, come dicevamo qualche riga più in su, la pubblicazione di altre canzoni in previsione del disco (di cui abbiamo già il titolo ma non vogliamo svelare troppo!). Abbiamo un po’ di idee per il futuro che già stavano suggerendo una maggiore tensione e una maggiore cupezza. Però la cosa che vorremmo tornare a fare il prima possibile, anche se nessuno può dire con certezza quando sarà, è suonare dal vivo.

Smile - Every New Mistake


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