In un'intervista di qualche anno fa, Michael Betmanis, voce e fondatore del progetto No Museums, spiegava: "I don’t think of my work as being album-by-album. It’s more like a long trail of smoke of where I happen to be at the time. I have a hard time even remembering which songs are on which album".
Per questo motivo, non deve stupire troppo se ora, ad appena sei mesi di distanza dal precedente The Artifact is Nothing, i prolifici No Museums hanno già pubblicato un nuovo album. In qualche modo, fa tutto parte della stessa estetica, figlia di un approccio all'indie rock che trova nei Guided By Voices uno dei riferimenti principali, e che appartiene al DNA di questa band sin da quando si chiamava Twin Library. Non a caso, anche queste dieci canzoni (la maggior parte intorno ai due minuti), sembrano spesso rendere omaggio a Pollard e soci.
Mi pare che questo nuovo Moths spinga meno sul lato più elettrico della scrittura di Betmanis (meno irruenza Wedding Present, dunque) e prediliga atmosfere dai contorni più incerti e slabbrati, accentuate anche dai testi suggestivi ma opachi, pieni di immagini inafferrabili. Un suono che non si rapprende ma che resta mobile, capace di mutare ora verso un indiepop teso (A Rotten Summer), ora verso un folk cupo (We Keep Pulling The Sleighs), sfiorando toni alla New Year (The Bell Horse), per poi di sferrare il colpo decisivo con chitarre trascinanti (An Engine Submerged).
Non resta che continuare a seguire la lunga e ricca "scia di fumo" dei No Museums.
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