My 4am shivers are gone
My punk rock damage is done
I'm here and it's where I belong
Still singing this song
My punk rock damage is done
I'm here and it's where I belong
Still singing this song
“I guess we’ll never make it / I guess we’ll never know”: due semplici versi che potrebbero rappresentare la quintessenza dei Comet Gain. Del resto, forse quasi tutti i versi dei Comet Gain potrebbero farlo. Questa band da oltre venticinque anni spinge l’intero proprio cuore dentro ogni parola e ogni nota, anche quelle che sul palco continua a dimenticare, a sbagliare, a sporcare, a suonare troppo forte, per eccesso di impeto e convinzione. E anche questa volta mi trascina con sé.
Quei due piccoli versi stanno dentro The Godfrey Brothers, la canzone che chiude il lato A del nuovo 33 giri Fireraisers Forever!, il primo album che la band di Londra ha pubblicato con la label tedesca Tapete Records, cinque anni dopo il crepuscolare Paperback Ghosts, uscito per la sempre cara Fortuna Pop!. Tra tutte le canzoni, The Godfrey Brothers mi ha commosso al primo ascolto, ancora prima di capirne i motivi: un arpeggio classico, appena smussato da una chitarra slide e da un malinconico organo, sulla vena di altri vecchi laceranti singoli dei Comet Gain come Sad Love o Ballad Of A Mixtape, e strofe di una grazia per me meravigliosa: “In a West Hampstead room / I fight the gloom / With five hundreds Beach Boys bootlegs / All of them, they think that we’re strange / Working upstairs in the records tape exchange”.
Una canzone che non avevo mai sentito ma che mi sembra di avere sentito da sempre. Uno dopo l’altro, i due fratelli Godfrey muoiono ma la loro storia in qualche modo continua. Tutta quella poesia di un indiepop perdente ed epico, fatta di “true confession of a fuck up”, istantanee da un “unbronken unheard underground”, fotocopie in bianco e nero e furibondi incitamenti a noi “old Mods with bellies and hair like shit”. Sembrano due semplici versi ma per me spiegano già quanto i Comet Gain sappiano di essere ormai anacronistici e quanto, al tempo stesso, siano profondamente convinti di avere il dovere di cantare ancora, il dovere di esserci oggi, in questo squallido, stupido e cattivo presente che vuole “to make a memory of the future”.
E poi arriva Stephen McRobbie dei leggendari Pastels, che sul sito del Monorail (il celebre negozio di dischi che ha contribuito a fondare a Glasgow) mi risveglia la memoria e scrive che questa canzone è “an absolutely heartbreaking tribute to Epic Soundtrack and Nikki Sudden from Swell Maps”. Ecco da dove venivano i Brothers! Corro a controllare ed eccoli lì, quasi ad aspettarmi: Kevin Paul e Adrian Nicholas Godfrey. Entrambi decisivi per il suono, l’estetica e l’etica dei Comet Gain, entrambi ancora troppo sottovalutati, ed entrambi purtroppo scomparsi. “They won’t rememeber our names after all” è un ritornello che sembra prendermi in giro, ma è anche il segnale di un riscatto, di qualcosa di giusto che, alla fine di tutto, rimane ed è ancora importante.
E la strofa “Please play the beatiful music / I wanna be true / I wanna move you / I wanna pin my teenage heart to you” mi riempie gli occhi di lacrime. David Christian, la voce che canta queste parole, che riesce ancora a cantare queste parole dopo tutti questi anni senza vedere un raggio di sole, la voce che impersona questi fratelli con tanta devozione ti fa sentire la certezza che tutti i fantasmi di tutte le speranze un giorno riusciranno a uscire dalle macerie: “there’s beauty in the broken, the faith in something weirder”. E alla fine è una liberazione: quel “raise our arms to the rain” è qualcosa di glorioso.
Fireraisers Forever! è un album che nasce dalla rabbia e dalla disillusione. Del resto, si apre con un’osservazione che non ammette repliche: We’re All Fucking Morons. Perché di fronte ai “privileged and greedy” che hanno ridotto la nostra vita e il nostro mondo in queste condizioni disperate non ci ribelliamo? Perché sembriamo tutti anestetizzati?
Queste canzoni, spiega la band, sono state influenzate da “a world which has become darker and dumber over the years”. Queste canzoni vogliono suonare come il fuoco che cauterizza la ferita, e la ferita è la nostra stessa stupidità. “Don’t spend your life on your knees”.
Anche per questo, gran parte della scaletta mostra il lato più rumoroso, aggressivo e irruente dei Comet Gain. Sulla immancabile ispirazione Mod e Northern Soul, prevale qualcosa che assomiglia a un primitivo garage rock (vedi Victor Jara Finally Found, The Institute Debased o il singolo Mid 8Ts). E la versione dei Comet Gain dell’idea di garage rock è un ritmo testardo che pesta, qualche Farfisa acida, chitarre che friggono e bassi sovraccarichi. Tutta la registrazione del deisco rimbomba, i livelli sono sul rosso. Per i Comet Gain questo Fireraisers Forever! è “una manciata di canzoni che volevamo registrare in fretta e con passione, e per le quali gli incidenti, gli errori e gli imprevisti sono importanti tanto quanto le nostre intenzioni”. E dentro Fireraisers Forever! c’è davvero tutto, come dicono loro, gli errori e la passione, il cuore spezzato e il desiderio, ancora una volta, come sempre, Comet Gain.
"And you, you belong here".
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