Dieci anni di We Were Never Being Boring!

WWNBB X - COVO CLUB / ZOO - BOLOGNA 18-19-20 OTTOBRE 2019

La primavera del 2009 da queste parti fu una stagione vorticosa: il primo figlio in arrivo, il trasloco per mettere su casa, un vecchio lavoro che si avviava verso la chiusura, inventarsi una nuova vita arrivati alla seconda metà dei trenta… insomma, niente di drammatico ma, come capita a tutti, si stava voltando una pagina. Perché mai, in mezzo a tutto quel casino, decisi di partecipare alla nascita di una nuova etichetta discografica indipendente non si spiega proprio.
La musica, del resto, stava attraversando una stagione altrettanto confusa: l’epoca di MySpace si stava spegnendo e Facebook era agli inizi; non esisteva ancora un modello di business chiaro e abbastanza diffuso per lo streaming; avevamo smesso di comprare dischi, e intanto il peer-to-peer “era come l'universo: in espansione”.
Io ero sempre più un pesce fuor d’acqua: un sacco delle band che a inizio decennio mi avevano fatto innamorare erano sparite o avevano cominciato a fare roba electro; le serate indie rock a cui ero sempre andato, erano ormai diventate serate electro; i nuovi ragazzini che vedevo in giro nei locali ascoltavano electro; il secondo nome italiano ad arrivare al mio amato festival di Emmaboda, dopo i Le Man Avec Les Lunettes, erano stati i Bloody Beetroots. Era tempo per qualche cambiamento.
Eppure, l’indiepop di quel decennio prosperava, grazie anche agli mp3 e alle nuove webzine da tutto il mondo, ma c’era la sensazione che stesse diventando una specie di “rifugio”, di continente chiuso, ormai rimasto separato nella deriva generale. I nostri entusiasmi erano spesso scavalcati dalla disillusione per il sempre più rapido ciclo delle news, dal nascente clickbait o dall'ansia di arrivare su ogni cosa per primi, tutti fattori che a poco a poco sono poi stati metabolizzati dalla comunicazione, e non solo musicale. Il risultato era che ci sentivamo annoiati da tutto, anche da quello che amavamo di più. Ed era un vero peccato, perché fino ad allora tutte le cose più belle che avevamo fatto, le avevamo fatte per la musica: scrivere, inventarci programmi alla radio, imbarcarci in viaggi assurdi per andare a sentire concerti irripetibili, restare amici per tantissimi anni.
Fu proprio Alessandro dei Le Man Avec Les Lunettes, insieme a Samuele e Nicola dei Calorifer Is Very Hot, due piccole band che seguivo da tempo, a parlarmi di fondare una nuova label. Non avevano nemmeno un nome, e non credo avessero le idee troppo chiare in generale, ma più o meno tutto ruotava intorno a un vago e pretenzioso “creiamo qualcosa di bello”. Ovviamente fu l’involontario riferimento al “do something pretty while you can” dei Belle And Sebastian a conquistarmi subito. Non sapevo, allora come oggi, praticamente nulla di come si pubblica un disco o come funziona il copyright, ma l’utopia che noi stessi potessimo fare qualcosa per rendere migliore il nostro piccolo mondo indie e ingenuo mi piaceva così tanto da farmi passare sopra a ogni altro dubbio.
Per la label proposi un nome assurdo: un intero verso di quella che per me era la canzone più bella dei Pet Shop Boys, band che non c’entrava nulla con i dischi che avevamo intenzione di pubblicare, ma che è stata capace di scrivere capolavori. Being Boring è una canzone che mi commuove ancora ogni volta che la sento e che parla di molte cose, tra cui l’amicizia, l’amore, l’essere giovani e l’arte che può dare un senso anche alla vita che scorre via. Di passaggio, dice anche che non ci sente mai annoiati se non si è mai noiosi. In definitiva, “We Were Never Being Boring” era un nome abbastanza complicato, inservibile e pieno di rimandi quasi come un manifesto: era perfetto per degli sprovveduti come noi. Gli altri ragazzi, che avevano cose più importanti a cui pensare, mi lasciarono fare.
Intanto, fuori dalla finestra si avvicinavano i mesi caldi, e il tormentone indie rock di quel periodo era un singolo dell’esordiente Wavves intitolato, guarda caso, So Bored. È una canzone che non racconta molto, preferisce lasciar parlare il rumore, ma dipinge bene il ritratto di un certo nichilismo skateboard, senza nemmeno fare lo sforzo di spingere sulla rabbia. In quell’epoca di fine del passaparola, era straordinario come Wavves fosse riuscito a catalizzare così tanta attenzione. La coincidenza, comunque, era fin troppo invitante, e decidemmo che la nostra prima uscita sarebbe stata un CD 3 pollici (qualcuno oggi si domanderà cosa fossero) con quattro cover di quella traccia. Oltre ai LMALL, che giocavano in casa, riuscimmo a coinvolgere anche His Clancyness (che ci fece conquistare pure una segnalazione da Pitchfork: battesimo notevole), Death In Donut Plains e DJ Minaccia. Non finirò mai di ringraziarli. Armato di forbici e colla, mi misi a confezionare a mano e spedire quei CD mentre chiudevo gli scatoloni e lasciavo casa mia. Forse a qualcuno che pagò 5 euro per ricevere quelle buste scritte di fretta devo ancora delle scuse. Ma l’idea era buona, la cosa poteva funzionare, l’etichetta in qualche modo era nata.
In seguito, dopo le proverbiali montagne di vinili invenduti accatastate nei garage, e dopo i classici demo rifiutati a band che sono diventate famose senza di noi, le cose si fecero più serie: c’era uno studio di registrazione, c’erano i preventivi degli stampatori, c’era da imparare cosa fossero le edizioni musicali e come si scrivevano i contratti. C’erano band che cominciavano a guadagnarsi un pubblico affezionato e che riuscivano a stupire noi per primi. C’erano dischi che erano passati per le nostre più distratte e-mail e poi erano capaci di viaggiare da soli fino al Giappone o agli States.
Ma a quel punto Sam e Ale avevano il controllo della situazione (per quanto possa essere controllabile la situazione di una piccola etichetta indipendente italiana nel ventunesimo secolo), e salvarono la pelle a WWNBB più di una volta. Senza di loro non saremmo arrivati a compiere dieci anni, a festeggiarli al SXSW di Austin qualche mese fa, a organizzare oggi un intero weekend di concerti e dj-set a Bologna (grazie Covo Club, grazie ZOO!), e a mettere assieme una compilation dove quasi tutte le “nostre” band si scambiano cover e pacche sulle spalle.
Io non so bene perché sono ancora qui: mi basta fare un brindisi con tutti loro e con tutti voi, se passate da queste parti. Mi basta dare un’occhiata a questo malandato catalogo e vedere che siamo riusciti a trovare cento numeri e cento modi per non annoiarci. Mi basta aver preparato un piccolo nastrone con un po’ della musica che WWNBB ha messo al mondo e che mi piace di più. Mi basta, come sempre, salutarvi con un invito: ci si vede a banco!


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