Che interminabile incanto, i vent'anni degli amori che ti travolgono e tirano giù tutto, i vent'anni invincibili degli "as long as I'm with you / ain't scared of nothing / but losing you". I vent'anni insaziabili, beffardi e spavaldi: "I wanna be a nightmare dreamer / girlfriend stealer, summertime fever / I wanna make out with the grim reaper". I vent'anni di ogni cosa che sembra per sempre, e ogni cosa è sul punto di precipitare: "I loved you more than one night / but you don't remember me". I vent'anni ancora illusi di poter guarire dai vent'anni: "All the things I do / I do to keep my mind off of you / and it's not going great".
I vent'anni bisognerebbe cantarli sempre così, come in questo nuovo album dei Petite League. La musica dentro Rips One Into The Night è il vento in faccia mentre il nostro eroe Lorenzo Cook corre via sullo skate, New York sullo sfondo (su Billboard racconta un po' il suo rapporto con la città). Le sue esuberanti canzoni da sempre qui sul blog suonano forte, tra chitarre a perdifiato e parole sincere di inesauribile adolescenza, come si diceva. Un sanguigno indie rock che può ricordare certi Cloud Nothings da cameretta o un Wavves più indiepop (ah, mi è tornata all'improvviso nostalgia dei Cause Co-Motion!).
Poi, lo sappiamo, i vent'anni sono anche imparare a fare i conti col fatto che i vent'anni scivolano via, e il trucco sta nel saper trattenere qualcosa tra le dita. Petite League riesce bene a mescolare alla sua irruenza garage chitarre acustiche e sporche, e cori sussurrati per chi se ne è andato e non li ascolterà mai: "I learned how to walk with broken bones / how to love with a broken heart". Un terzo disco (in tre anni) che suona fresco e diretto come uno spumeggiante debutto.
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