Il concerto d'addio degli Allo Darlin' visto da Barto

Quando gli Allo Darlin' hanno annunciato che si sarebbero ritirati dalle scene mi è dispiacuto due volte: la prima perché non avremmo più visto dal vivo né avremmo avuto nuovi dischi da una delle band più convincenti e coinvolgenti uscite dalla piccola scena indiepop nell'ultimo decennio, tra le poche capaci di arrivare anche sulla stampa mainstream. E in più perché sapevo che non avrei potuto partecipare alla loro "festa d'addio", un eccezionale concerto (diventato poi, a grande richiesta, un weekend di concerti) allo Scala di Londra. Ne hanno fatta di strada da quando li avevamo visti suonare sopra un treno a vapore all'Indietracks Festival. In rete, intanto, sono usciti un paio di articoli che meritano una lettura, quanto meno per rendersi conto dell'impatto emotivo che ha avuto Elizabeth Morris sul suo pubblico: Kevin Attics dei Mercury Girls su GoldFlakePaint e Gareth Ware su London In Stereo.
Per fortuna allo Scala l'altra sera c'era Barto, firma di Indie-roccia.it che già conoscete per il suo blog Roundmount, e che è stato così generoso da scrivere un ricco report per polaroid. Leggetelo ascoltando Hymn On The 45, il singolo con cui gli Allo Darlin' ci salutano e che suona come un vero e proprio manifesto.



foto di Barto

Sono sempre stato riluttante all’idea di partecipare all’ultimo concerto di una band che amo. Ho sempre tenuto l’idea di intristirmi durante il live proprio perché avrei saputo che non ce ne sarebbe più stato un altro dopo, e immaginavo che il dispiacere mi avrebbe offuscato il godimento. Però, nel giro di un mese, non ho potuto esimermi dall’andare proprio a due di questi ultimi concerti, e dopo aver visto i Kent a metà novembre e gli Allo Darlin’ in questa occasione, ho capito che mi sbagliavo, perché la realtà è che chi suona, almeno in questi due casi, è chiaramente spinto a dare il meglio di sé in senso letterale, regalando ai presenti performance di un’intensità e di una brillantezza uniche. Anche se la carriera del gruppo è stata contrassegnata da un’ottima continuità qualitativa dei concerti, l’ultimo sarà probabilmente il migliore di sempre, e a quel punto sarà la straordinarietà del ricordo a prevalere sulla tristezza per lo scioglimento ormai compiuto.

Gli Allo Darlin’, per questa occasione speciale, hanno radunato un pubblico proveniente da tantissimi posti in gran Bretagna, in Europa e nel mondo. Hanno mandato sold out in breve tempo uno spazio che, secondo le loro aspettative, avrebbe contenuto agevolmente tutte le persone disposte a esserci, e la cosa li ha “costretti” a suonare altri due concerti il giorno prima in un posto più piccolo. Una risposta di pubblico entusiasmante e meritatissima, per una band che ha saputo entrare nel cuore di chi li ha apprezzati con un’intensità davvero rara. Molti di noi si professano fan di tanti artisti, però ci sono quelli che ci piacciono e basta, e c’è quel gruppo più ristretto composto da coloro ai quali associamo un ricordo, una storia, perché, seguendone il percorso musicale, ne abbiamo fatto nascere uno emotivo dentro di noi. Gli Allo Darlin’ fanno sicuramente parte del gruppo ristretto di tutti i loro fan, e sono certo che chiunque sarebbe in grado di raccontare una o più cose della propria vita legata a loro. Il successo di questi ultimi due giorni della loro vita ne è la testimonianza più fedele.

Foto di peteopeteo
L’ultimo atto, quello allo Scala, è stato aperto da due ottime performance, molto diverse tra loro. Inizialmente, sono saliti sul palco Bill Botting And The Two Drink Minimums, ovvero un side project di Bill, il bassista degli stessi Allo Darlin’, coadiuvato dalla sorella Hannah, leader degli Owl &Mouse, e che vede in lineup anche Paul Rains, chitarrista sempre dei Darlin’. I due fratelli formano armonie vocali di notevole bellezza, e le canzoni sono semplici ma efficaci; sul palco, il clima è molto rilassato e giocoso, capita qualche errore ma viene tutto preso con la giusta leggerezza, senza che questo significhi mancanza di intensità o di cura. Il disco dovrebbe uscire l’anno prossimo, allo stato attuale si sa solo che “esiste”, come dice Bill a un certo punto. Poi arriva una comica, Josie Long, una scelta inconsueta ma che si rivale azzeccata. Josie è simpatica, brillante, ha personalità, talento e carisma: la sua missione di mettere tutti di buonumore prima dell’intenso atto principale, è riuscitissima.

In perfetto orario, i quattro escono e sono visibilmente emozionati. Elizabeth ci dice subito senza mezzi termini che sono tutti sull’orlo della commozione, e che quindi hanno bisogno che la gente canti. Eseguiamo subito sul ritornello dell’iniziale Wonderland, poi, probabilmente per metterci subito la maggior voglia possibile di cantare, la band si gioca una canzone importane come Capricornia come seconda. Elizabeth la dedica alla madre e alla sorella, venute apposta dall’Australia per il concerto, e il coro di voci proveniente da ogni punto dello Scala è assordante. Già da questo inizio, si capisce che le qualità della band sono al massimo del proprio potenziale stasera: il tocco unico, per come unisce fermezza ed espressività, di Paul alla chitarra, la sezione ritmica ammaliante, fresca e avvolgente, la sensibilità vocale di Elizabeth, che sa emozionare più che mai grazie all’abilità di utilizzare sempre la tonalità giusta in ogni momento, per valorizzare al meglio il gusto delle melodie e la genuinità dei testi. Tutte cose che chiunque ha potuto notare in tante altre occasioni, ma stasera è tutto semplicemente al massimo, è semplicemente inimmaginabile che le cose possano andare meglio di così.

La setlist privilegia nella prima metà il secondo album Europe, rispetto agli altri due, ma da un certo punto in poi, il debutto prende il sopravvento, con il terzo disco, invece, che mantiene costante il suo contributo. Il modo in cui vengono messi in serie i brani, comunque, riesce nello scopo più importante, ovvero l’essere rappresentativo di tutte le sfaccettature dell’universo della band. Positività e malinconia, suoni scintillanti e un po’ più cupi, gioie, dolori e momenti di contemplazione più o meno serena convivono tranquillamente perché si sente che dietro ognuno di essi c’è la stessa mano. Il bello è che gli Allo Darlin’ hanno sempre saputo far vivere all’ascoltatore certe sensazioni anche senza che egli debba necessariamente far caso ai testi, perché anche dalla musica e dalla voce si capisce cosa ci stanno raccontando. La loro arte è sempre stata diretta emanazione della loro personalità, e, come già detto, stasera tutto questo si nota ancora di più e non potrebbe notarsi meglio. È tutto più intenso, più emozionante, più da batticuore, e non perché i quattro si siano studiati qualcosa in particolare, ma perché stanno dando il massimo nel momento più importante. E lo stesso vale per gli ospiti che li accompagnano sul palco, tra i quali il più presente è Dan Mayfield, ottimo polistrumentista e leader degli Enderby’s Room, che qui principalmente suona il violino.

foto di Nat Hudson
La band saluta il pubblico una prima volta dopo aver suonato l’ultimo singolo Hymn On The 45 e un sentito omaggio a Sean Price della Fortuna POP!, che riceve uno degli applausi più forti della serata da un pubblico adorante. Al ritorno sul palco, Elizabeth sale da sola con l’ukulele e tutti sanno che canzone sta arrivando. Lei reitera la richiesta iniziale, “please, sing along”, e il canto collettivo su Tallulah è commovente. Ma è giusto chiudere in festa, così i quattro al completo eseguono Kiss Your Lips, con tutti gli ospiti che salgono a ballare, palloncini e un’infinità di coriandoli che nemmeno i Flaming Lips a Glasto. In coda alla canzone viene reinterpretata Call Me Al di Paul Simon e la gente balla, canta ed è felice sempre di più. Deve però essere una canzone del repertorio del gruppo a chiudere per l’ultima volta, così ecco My Heart Is A Drummer, finale perfetto, anche perché i cuori di tutti i presenti hanno battuto più che mai. L’atmosfera è incredibile, la felicità di tutti è straripante, e con tutti, intendo anche i musicisti, entusiasti come non mai di com’è andata la loro ultima volta insieme sul palco.

Chi ha poi scelto di continuare la serata al vicino Lexington ha potuto incontrare la band. Elizabeth sfoggiava il proprio sorriso migliore, le la luce che aveva negli occhi era un qualcosa di unico. Quel sorriso e a quello sguardo mi torneranno senz’altro in mente quando ripenserà a questa serata e già ora fanno parte dei tanti ricordi che mi legano agli Allo Darlin’, quei ricordi che li posizionano nel mio gruppo ristretto di band, quelle che mi piacciono non solo perché ne ascolto la musica, ma perché sono parte integrante del modo in cui la vivo.

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