Oh, has the world changed, or have I changed?

The Smiths 'The Queen Is Dead'

C'è stato un periodo della mia vita in cui recitare in religioso ordine "The Queen Is Dead / Frankly, Mr. Shankly / I Know It's Over..." e così via, fino all'ermetica conclusione di "Some Girls Are Bigger Than Others", provocava gli stessi brividi del mantra Zoff Gentile Cabrini Scirea di una generazione prima. Quella era la nostra Coppa del Mondo, quello era il nostro Giro della Vittoria sudati e sfiniti alla fine dell'adolescenza. Non era il mio album preferito degli Smiths, io sono più un tipo da scarti aspri e ruvidi demo alla Hatful Of Hollow. Ma The Queen Is Dead era la rocca inespugnabile, le Tavole della Legge, la pietra su cui era fondata la nostra Chiesa. Roboante e grandioso, un disco che non andava per il sottile, "I want to go down in musical history", e che si divertiva a spazzare via regine e poeti, preti e discografici. Tra le più scintillanti chitarre che Johnny Marr avesse mai scritto, in mezzo agli arrangiamenti sontuosi congegnati dall'allora giovane Stephen Street, Morrissey sembrava a suo agio come non mai lassù, sul proprio pulpito fiorito. Mettere in discussione quella miseria che i comuni mortali chiamavano monarchia alla fine sembrava quasi un passatempo. Mettere in ridicolo la Chiesa non valeva quasi nemmeno la fatica, con quel tutù era troppo facile. "It's so easy to laugh, it's so easy to hate, it takes guts to be gentle and kind". Stavamo diventando grandi? C'erano cose più importanti, e noi ragazzi con la spina nel fianco le conoscevamo bene. Noi sapevamo come si era sentita Giovanna D'Arco mentre le fiamme cominciavano a sciogliere il suo walkman, e nei nostri occhi accesi leggevi tutto l'orgoglio, nelle nostre parole forbite percepivi tutta la gravità della nostra missione. Quel "plundering desire for love" che sentivamo non era mai stato raccontato così bene. Portami fuori stasera, dove ci sono luci e c'è gente. Portami fuori ancora, ché The Queen Is Dead compie trent'anni. E anche se non sono più così sicuro che oggi mi butterei sotto quell'autobus a due piani, e nonostante Morrissey, a volte, sembri sempre più lontano come il Novecento ("has the world changed, or have I changed?"), appena ricominciano quelle note,io continuo a sapere che c'è una luce che non si spegne mai.

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