Zio, non è niente

I Cani - Baby Soldato

Chissà se poi avevi ascoltato il nuovo singolo dei Cani. Quando era uscito, un secolo fa, avevo trovato buffa la coincidenza che parlasse proprio di una modella. Non avevo avuto la forza di scriverti e la notizia era passata in secondo piano nel giro di un giorno o due. Normali aggiornamenti, refresh. Ma questa mattina, mentre attraversavo in treno la nebbia color pesca intorno a Milano e tutti parlavano al telefono, all'improvviso mi sono ricordato di quel verso, duro e netto: "zio, non è niente". E non sono riuscito a sorridere. Sono tornato ad ascoltare la canzone e ho provato di nuovo lo stesso stupore: ogni volta che i Cani fanno uscire qualcosa di nuovo sembrano sempre disorientare il loro pubblico, prendere una direzione diversa e lasciare indietro qualcuno arrabbiato e deluso. Dove sono i Pariolini, chiedono immancabilmente. Poi passa un po' di tempo, ci ripensi a freddo, e trovi che l'idea nella tua testa si è ricomposta, i Cani stanno raccontando la loro storia, seguendo la loro strada, dalle Velleità a questo Baby Soldato.
Tu non puoi ricordarlo, ma quando uscì Professione Modella di Jay McInerney si aveva questa vaga impressione che fosse una mezza fregatura, una soluzione di ripiego. Non doveva essere andata troppo bene con certi romanzi di metà Anni Novanta, e così il buon vecchio Jay tornava a reclamare la sua fetta di celebrità riciclando una specie di Bright Lights Big City 2 - The Cocktail Revenge. Non era vero niente, ovvio, e se lo consideri oggi ha un suo senso. Ma chissà quando lo troveresti il tempo di leggere McInerney (magari in aereo? nelle pause su qualche set?), lui che oggi sembra così inattuale e "semplice", troppo inzuppato della sua decadenza benestante, tutta del Novecento. Non erano ancora gli anni di Tumblr e Instagram, eppure già allora era chiaro che "nulla esiste finché non è stato riprodotto su pellicola o video". Per te questa è banale grammatica, è ontologia. O magari è sempre stato così, ed ero solo io a non capire niente del glamour, troppo aggrappato alle parole, come sempre, troppo confuso dalla bellezza che spargevi.
Baby Soldato racconta mezzo minuto della vita di una modella. Dimmi tu quanto ci va vicino. La storia si svolge tutta nell'intervallo di tempo tra uno sguardo allo specchio, una lacrima che scende veloce, l'accendersi di una sigaretta. La protagonista si ricompone, è stato solo un attimo di debolezza, fuori l'aspettano, la porta si richiude alle sue spalle. In mezzo trovano posto un paio di quelle intuizioni linguistiche che Niccolò Contessa sa raccogliere a meraviglia, istantanee di una stagione che, immagine dopo immagine, non ha nessuna visione: "zio, non è niente: lo sai, sono scoppiata, zio" è di una disillusione totale, una micidiale scrollata di spalle ai rimpianti e all'insoddisfazione, non vale nemmeno la pena rovinarsi il trucco. L'accumulo scandito di "Ghetto tendenza Vuitton Milano Parigi", l'assonanza "Gallerie d’arte / lacrime calde", l'invidiabile precisione di "Ribellioni patetiche da città piccola": mi piacciono tantissimo, sembravano già confezionate per diventare citazioni automatiche nelle nostre chat a notte fonda. Invece non mi piace "La ragazzina che non sei stata mai", un po' cheap (come diresti tu), e soprattutto quel "Per aggrappartici", che mi sembra poco musicale. Ma, in fondo, nelle canzoni dei Cani deve sempre esserci qualcosa di "ispido", un bordo imperfetto per aderire meglio a quello che raccontano.
La voce stacca tantissimo sopra la musica. E la musica non è "balearica", come ha detto qualcuno. Non è abbastanza eterea e d'altra parte non arriva mai davvero ad affondare il colpo del basso e della cassa dritta, e di quei synth da cori a braccia alzate. Resta sospesa: assomiglia più al ricordo di una hit estiva che a una vera e propria canzone che vuole far ballare, quasi fosse un remix per sottrazione, un de-mix. E così la cornice illumina ancora di più la fotografia, quello sguardo, "tornare in te, al tuo piano lucido", la velocità con cui tutto passa e si fa passare. Swipe.



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