It's hard to tell how deep it goes, how long it floats
but in this age of solitude you take a guess, moving on
Sono ragazzini, prendono a calci un tronco marcio, ridono e si spingono in uno squallido luna-park, si ubriacano e vomitano. Sono ragazzini nelle loro magliette sporche, ti guardano dritto e nei loro occhi randagi vedi quella fame dell'adolescenza che niente potrà mai saziare. Poi fanno cazzate, "boredom and emptiness are huge inspirations", decidono di chiamare assurdamente la loro band Gäy e alzano il rumore delle chitarre, anche quando sono acustiche, ma si aggrappano disperati a delle melodie ruvide, e sono quelle a salvarli ancora. Sono dei ragazzini e non dovrebbero fermarsi mai, vengono dalla Danimarca e dopo qualche demo hanno appena pubblicato il loro primo sette pollici per la statunitense Zoo Music. Forse a qualcuno potrebbero ricordare certe cose di Holograms o Iceage. A me è tornato in mente quel primo video girato nel cortile dietro casa dagli arrabbiatissimi islandesi Jakobínarína che adesso non si trova più su Youtube. Erano altrettanto giovani e sembravano altrettanto sul punto di esplodere. Questa Saturday Morning dei Gäy finisce male, cuore e ossa a pezzi, e una solitudine di merda fino in fondo. Ma se c'è una cosa che ne esce bene, anzi, come sempre gloriosa, è l'amore eterno, fallito e risplendente del Punk.
(mp3) Gäy - Saturday Morning (Age of Solitude)
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