Scusate, magari lo avevano già scritto tutte le riviste tre mesi fa, ma non sono più un assiduo lettore di riviste, e sui blog che frequento di solito non mi pare di averlo visto. Inoltre, ammetto di non essere stato mai travolto dal fascino degli Arctic Monkeys, e così solo da quache settimana mi sono ascoltato il loro ultimo Suck It And See. Bello! Ma nessuno mi aveva detto che suona come un perfetto album tributo al Morrissey solista di metà Anni Novanta, epoca Vauxall An I oppure Your Arsenal (poli opposti ma complementari), il mio Moz preferito.
A parte i due tre momenti più ruvidi che ti aspetti da Alex Turner e soci (Brick By Brick, Don't Sit Down...) e che skippo abbastanza volentieri, ci sono alcune limpide ballate di un romanticismo virile così determinato e al tempo stesso per nulla precipitoso che rivelano un'eleganza non comune. Sarà per questo che il tono di molte recensioni tendeva a liquidare il disco con un "vabbè, bravi ma non sono più i régaz di una volta". Pitchfork ha scritto addirittura "[this] is not music to blog to". Ma che cazzo.
Il modo paziente, quasi premuroso, amorevole, con cui la melodia si curva sui quei suoni di chitarre nella title track, o in Reckless Serenade, o soprattutto in Love Is A Laserquest, mi ricorda da vicino quello di The More You Ignore Me The Closer I Get o We Hate It When Our Friends Become Successful. Insomma, per me sa un po' di classico. Poveri Arctic Monkeys, non credo sia un buon segno per loro.
(mp3): Arctic Monkeys - Suck It And See
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