Aspetto già il revival della chillwave
Dopo l'orgia di musica e hipsterismo che, visto da qui, deve essere stato il festival SXSW quest'anno, sembrano inevitabili le ricadute e le reazioni a una scena musicale nata appena ieri e di cui qualcuno già si annoia.
Avevamo visto arrivare un'ondata di band accomunate da certi suoni a bassa fedeltà, da una vaga estetica "washed out" (tanto per citare il nome di uno di loro) e non molto altro. Era sembrato naturale appiccicare loro un'etichetta finta, inventata da un blog come Hipster Runoff che aveva fatto dell'effimero esasperato la sua bandiera.
Ora c'è chi dice che la "chillwave" abbia compiuto il salto dello squalo. Prima c'è stato l'articolo sul Wall Street Journal di qualche giorno fa, in cui Neon Indian spiegava: "now it's just a blogger or some journalist that can find three or four random bands around the country and tie together a few commonalities between them and call it a genre".
Poi l'altro ieri, dalle pagine del New York Times, l'inviato al SXSW Jon Pareles è entrato a gamba tesa: "It's annoyingly noncommittal music, backing droopy vocals with impersonal sounds–a hedged, hipster imitation of the pop they're not brash enough to make".
Ma giudizi personali a parte, quando approfondisce l'analisi offre un altro spunto critico, più interessante: "This year catchiness was king, with few misgivings about being too accessible. Bands weren't counting on a second glance. [...] it may also signal an adaptation, instinctive or strategic, to an increasingly impatient audience — one with gigabytes of music in a pocket, and countless other choices a click away online — and to a music market where recordings have diminished importance".
Il venticello chillwave come causa e conseguenza allo stesso tempo dell'epoca musicale che stiamo attraversando.
PS: Un bel diario in presa diretta dal SXSW l'ha scritto Marina su Grazia
>>>(mp3): Neon Indian - Terminally Chill
Dopo l'orgia di musica e hipsterismo che, visto da qui, deve essere stato il festival SXSW quest'anno, sembrano inevitabili le ricadute e le reazioni a una scena musicale nata appena ieri e di cui qualcuno già si annoia.
Avevamo visto arrivare un'ondata di band accomunate da certi suoni a bassa fedeltà, da una vaga estetica "washed out" (tanto per citare il nome di uno di loro) e non molto altro. Era sembrato naturale appiccicare loro un'etichetta finta, inventata da un blog come Hipster Runoff che aveva fatto dell'effimero esasperato la sua bandiera.
Ora c'è chi dice che la "chillwave" abbia compiuto il salto dello squalo. Prima c'è stato l'articolo sul Wall Street Journal di qualche giorno fa, in cui Neon Indian spiegava: "now it's just a blogger or some journalist that can find three or four random bands around the country and tie together a few commonalities between them and call it a genre".
Poi l'altro ieri, dalle pagine del New York Times, l'inviato al SXSW Jon Pareles è entrato a gamba tesa: "It's annoyingly noncommittal music, backing droopy vocals with impersonal sounds–a hedged, hipster imitation of the pop they're not brash enough to make".
Ma giudizi personali a parte, quando approfondisce l'analisi offre un altro spunto critico, più interessante: "This year catchiness was king, with few misgivings about being too accessible. Bands weren't counting on a second glance. [...] it may also signal an adaptation, instinctive or strategic, to an increasingly impatient audience — one with gigabytes of music in a pocket, and countless other choices a click away online — and to a music market where recordings have diminished importance".
Il venticello chillwave come causa e conseguenza allo stesso tempo dell'epoca musicale che stiamo attraversando.
PS: Un bel diario in presa diretta dal SXSW l'ha scritto Marina su Grazia
>>>(mp3): Neon Indian - Terminally Chill
(photo by Marta***)
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