"La tua bellezza è un pugnale che io punto alla mia gola"
Perché utilizziamo così tanti paragoni parlando della musica di un gruppo? Mi vengono in mente subito due risposte. Da un lato, si cerca di ovviare al problema che la musica non è descrivibile in maniera diretta, se non per metafora. Dall'altro, è il tentativo retorico di far conoscere qualcosa a qualcuno tramite ciò che già conosce.
Così ora, presentando gli Eagle*Seagull (l'asterisco in mezzo al nome non ha alcun significato, per ammissione dei diretti interessati), potrei buttare subito lì i nomi maiuscoli di Wolf Parade e Arcade Fire, evitando la fatica del descrivere e lasciando alla vostra immaginazione e al vostro download il resto del lavoro.
Ma a me non bastano un paio di paragoni illustri per arrivare in fondo a un disco di quasi un'ora per una decina di canzoni. Trascurerei così la parte migliore del lavoro di questa band di Lincoln, Nebraska, che consiste proprio nel saper misurare toni e ritmi, spingendo ora sui tasti della drammaticità, ora su quelli dell'orchestrazione più nervosa.
Gli Eagle*Seagull, infatti, trovano sempre il modo di raggiungere quella forma di trasporto che fa dimenticare la complessità dello sfondo. Merito della voce di Eli Mardock, della leggerezza melodica che le canzoni mantengono anche nei passaggi più torbidi, e delle diverse sfumature che gli Eagle*Seagull sanno imprimere: oltre ai riferimenti già citati, dietro Hello Never si avverte il passo scanzonato di una Range Life, e non possono non venire alla mente gli Interpol all'attacco di Heal It Feel It, mentre su Last Song o Ballet Or Art emergono anche certe atmosfere alla Cure.
Non male per un gruppo al debutto che si definisce "a bunch of dorks writing songs". L'album omonimo, uscito sul finire del 2005, sarà ristampato dalla Red Eye il prossimo agosto. Qui il loro myspace, e qui un po' di mp3:
Perché utilizziamo così tanti paragoni parlando della musica di un gruppo? Mi vengono in mente subito due risposte. Da un lato, si cerca di ovviare al problema che la musica non è descrivibile in maniera diretta, se non per metafora. Dall'altro, è il tentativo retorico di far conoscere qualcosa a qualcuno tramite ciò che già conosce.
Così ora, presentando gli Eagle*Seagull (l'asterisco in mezzo al nome non ha alcun significato, per ammissione dei diretti interessati), potrei buttare subito lì i nomi maiuscoli di Wolf Parade e Arcade Fire, evitando la fatica del descrivere e lasciando alla vostra immaginazione e al vostro download il resto del lavoro.
Ma a me non bastano un paio di paragoni illustri per arrivare in fondo a un disco di quasi un'ora per una decina di canzoni. Trascurerei così la parte migliore del lavoro di questa band di Lincoln, Nebraska, che consiste proprio nel saper misurare toni e ritmi, spingendo ora sui tasti della drammaticità, ora su quelli dell'orchestrazione più nervosa.
Gli Eagle*Seagull, infatti, trovano sempre il modo di raggiungere quella forma di trasporto che fa dimenticare la complessità dello sfondo. Merito della voce di Eli Mardock, della leggerezza melodica che le canzoni mantengono anche nei passaggi più torbidi, e delle diverse sfumature che gli Eagle*Seagull sanno imprimere: oltre ai riferimenti già citati, dietro Hello Never si avverte il passo scanzonato di una Range Life, e non possono non venire alla mente gli Interpol all'attacco di Heal It Feel It, mentre su Last Song o Ballet Or Art emergono anche certe atmosfere alla Cure.
Non male per un gruppo al debutto che si definisce "a bunch of dorks writing songs". L'album omonimo, uscito sul finire del 2005, sarà ristampato dalla Red Eye il prossimo agosto. Qui il loro myspace, e qui un po' di mp3:
Your Beauty Is A Knife I Turn On My Throat
Photograph
Death Could Be At the Door
Commenti