Scattered pearls
E così, alla fine, sono andato a mettere i dischi all'aperitivo del Sesto Senso e qualcuno a metà serata è venuto davvero a chiedermi gli Envelopes, e penso che sia stata una delle cose più carine che mi sono capitate in questi giorni. Però il locale era abbastanza vuoto e non c'era molto da fare se non proiettare ancora No Parachute e For Fans Only alle mie spalle, e suonare roba Motown fino alle nove, giusto per fare sorridere Ema e arrabbiare Dariella, che infatti se ne è andato presto. A un certo punto, mentre ero alle prese con i soliti svedesi e poi lasciavo andare tutto Rough Trade Indiepop Vol.1, ho visto entrare Enrico dei Rosolina Mar, e anche se non ci conosciamo mi è venuta voglia di suonare qualcosa per lui, solo che non trovavo niente di adatto, e allora ho messo su gli Hemstad perché fanno roba strumentale. Non credo abbia notato nulla, ma l'intenzione, lo giuro, era buona. La serata è andata avanti fin quasi alle undici, poi Tommy, gentile come sempre, ha detto che si poteva smettere. Avevo fatto in tempo a passare anche una ventina di minuti di lenti, da Candy Says a Dream The Sweetest Dreams, giusto per accompagnare comodi alla chiusura. In sottofondo, mentre uscivo, il primo album di Studiodavoli, che verranno in concerto proprio al Sesto Senso il 18 maggio prossimo e io, dannazione, me li perdo perché sarò fuori per lavoro. Dopo, anche se avevo bevuto poco, ho preferito fare due passi in direzione colline e camminare fino a casa. Doveva esserci stato un temporale mentre ero rimasto dentro al Circolo, e adesso era tardi, i portici vuoti e il pavé lucido. Sono uscito dalla Porta, imboccando quella Via che poi diventa Toscana. Nessuna macchina, nessun autobus a guastare il silenzio. Sentivo ronzare i lampioni. Se non fosse piovuto, mi sono detto, forse avrei già annusato l'odore dei tigli. Più avanti lungo Via Murri, ho incrociato questo ragazzo in jeans e felpa col cappuccio che correva in mezzo alla strada. Non stava facendo jogging. Correva, come chi deve andare molto in fretta da qualche parte. Solo che correva in mezzo alla strada. Da solo. La città sembrava rimpicciolita. Io intanto mi ero messo in cuffia Casiotone For The Painfully Alone, per non pensare che mi stava venendo freddo, e ho svoltato per il mio vicolo in salita. Si è spostata quel poco di luna tra le nuvole e gli alberi, è cambiata la luce e mentre camminavo ho guardato il vicolo dove abito senza riconoscerlo. Ho ripensato alla genialità di quel verso "At home he feels like a tourist", e mi sono domandato se tornerò mai a sentire che qualche luogo mi appartiene.
E così, alla fine, sono andato a mettere i dischi all'aperitivo del Sesto Senso e qualcuno a metà serata è venuto davvero a chiedermi gli Envelopes, e penso che sia stata una delle cose più carine che mi sono capitate in questi giorni. Però il locale era abbastanza vuoto e non c'era molto da fare se non proiettare ancora No Parachute e For Fans Only alle mie spalle, e suonare roba Motown fino alle nove, giusto per fare sorridere Ema e arrabbiare Dariella, che infatti se ne è andato presto. A un certo punto, mentre ero alle prese con i soliti svedesi e poi lasciavo andare tutto Rough Trade Indiepop Vol.1, ho visto entrare Enrico dei Rosolina Mar, e anche se non ci conosciamo mi è venuta voglia di suonare qualcosa per lui, solo che non trovavo niente di adatto, e allora ho messo su gli Hemstad perché fanno roba strumentale. Non credo abbia notato nulla, ma l'intenzione, lo giuro, era buona. La serata è andata avanti fin quasi alle undici, poi Tommy, gentile come sempre, ha detto che si poteva smettere. Avevo fatto in tempo a passare anche una ventina di minuti di lenti, da Candy Says a Dream The Sweetest Dreams, giusto per accompagnare comodi alla chiusura. In sottofondo, mentre uscivo, il primo album di Studiodavoli, che verranno in concerto proprio al Sesto Senso il 18 maggio prossimo e io, dannazione, me li perdo perché sarò fuori per lavoro. Dopo, anche se avevo bevuto poco, ho preferito fare due passi in direzione colline e camminare fino a casa. Doveva esserci stato un temporale mentre ero rimasto dentro al Circolo, e adesso era tardi, i portici vuoti e il pavé lucido. Sono uscito dalla Porta, imboccando quella Via che poi diventa Toscana. Nessuna macchina, nessun autobus a guastare il silenzio. Sentivo ronzare i lampioni. Se non fosse piovuto, mi sono detto, forse avrei già annusato l'odore dei tigli. Più avanti lungo Via Murri, ho incrociato questo ragazzo in jeans e felpa col cappuccio che correva in mezzo alla strada. Non stava facendo jogging. Correva, come chi deve andare molto in fretta da qualche parte. Solo che correva in mezzo alla strada. Da solo. La città sembrava rimpicciolita. Io intanto mi ero messo in cuffia Casiotone For The Painfully Alone, per non pensare che mi stava venendo freddo, e ho svoltato per il mio vicolo in salita. Si è spostata quel poco di luna tra le nuvole e gli alberi, è cambiata la luce e mentre camminavo ho guardato il vicolo dove abito senza riconoscerlo. Ho ripensato alla genialità di quel verso "At home he feels like a tourist", e mi sono domandato se tornerò mai a sentire che qualche luogo mi appartiene.
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