La corrente del Fiume
Okkervil River live at Covo, 6 ottobre 2005
"Era una tastiera progettata per creare suoni che avrebbero aperto i cancelli del cielo e fatto scendere angeli bellissimi che ci avrebbero rivelato il significato della vita e tutto sarebbe andato benissimo. Ma purtroppo si è rotta. La vigorosa corrente elettrica europea ha bruciato una robusta tastiera elettronica europea paradossalmente adattata per funzionare con la corrente elettrica degli Stati Uniti. Così questa sera non suoneremo un nostro vero show. Ci dispiace. This is the place where the cool bands play e noi non possiamo fare il nostro vero show, I'm sorry".
Will Sheff, frontman di Okkervil River va avanti così per un pezzo, e riprende il discorso diverse volte tra una canzone e l'altra, e chiede ancora scusa.
Primo concerto della stagione, giovedì notte con temporale buio di quelli che non incoraggiano a uscire di casa, nonostante tutto la sala è piena, e quando sali sul palco la tua preziosa tastiera da modernariato non si accende più. Venti minuti per rassegnarsi a cominciare il concerto voce e slide guitar mentre mezza formazione resta a guardare sconsolata bevendo birre tristi.
Hanno cambiato la scaletta in corsa, gli Okkervil River, decidendo momento per momento cosa potevano fare, e cosa avevano voglia di provare (tra i bis, anche una cover di Big Star). Will Sheff chiedeva sempre scusa e a un certo punto, dopo pure una corda di chitarra rotta, non sembrava più così chiaro se era il pubblico, totalmente conquistato e caldissimo, che stava sostenendo la band e la spingeva a continuare, o se erano i texani che ci stavano trascinando tutti avanti con loro, contro il fato, la sfortuna, la notte e i cuori di pietra che si sbriciolano. E lo stavano facendo con un sorriso, sudore e fasci di nervi ben stretti intorno alle canzoni più tirate.
Dev'essere stato su For real, se davvero era quella, o su Song of our so-called friend, mentre c'era un assolo di quella cosa che non so se mandolino o ukulele, e tutto nella musica degli Okkervil River si stava tendendo e tendendo ancora più in alto (per contrasto ai silenzi e alle parole urlate fuori dal microfono), e c'erano queste luci nuove intorno ai muri neri, io lì sulle mattonelle rosse ho pensato sono di nuovo qui, a un concerto qui. Ed ero contento che un altro anno cominciasse.
E quella corda strappata danzava dal manico della chitarra, si contorceva come una frusta, si lanciava sul pubblico luccicando, ed era un filo elettrico impazzito, sul punto di toccarci con la corrente del Fiume.
Okkervil River live at Covo, 6 ottobre 2005
"Era una tastiera progettata per creare suoni che avrebbero aperto i cancelli del cielo e fatto scendere angeli bellissimi che ci avrebbero rivelato il significato della vita e tutto sarebbe andato benissimo. Ma purtroppo si è rotta. La vigorosa corrente elettrica europea ha bruciato una robusta tastiera elettronica europea paradossalmente adattata per funzionare con la corrente elettrica degli Stati Uniti. Così questa sera non suoneremo un nostro vero show. Ci dispiace. This is the place where the cool bands play e noi non possiamo fare il nostro vero show, I'm sorry".
Will Sheff, frontman di Okkervil River va avanti così per un pezzo, e riprende il discorso diverse volte tra una canzone e l'altra, e chiede ancora scusa.
Primo concerto della stagione, giovedì notte con temporale buio di quelli che non incoraggiano a uscire di casa, nonostante tutto la sala è piena, e quando sali sul palco la tua preziosa tastiera da modernariato non si accende più. Venti minuti per rassegnarsi a cominciare il concerto voce e slide guitar mentre mezza formazione resta a guardare sconsolata bevendo birre tristi.
Hanno cambiato la scaletta in corsa, gli Okkervil River, decidendo momento per momento cosa potevano fare, e cosa avevano voglia di provare (tra i bis, anche una cover di Big Star). Will Sheff chiedeva sempre scusa e a un certo punto, dopo pure una corda di chitarra rotta, non sembrava più così chiaro se era il pubblico, totalmente conquistato e caldissimo, che stava sostenendo la band e la spingeva a continuare, o se erano i texani che ci stavano trascinando tutti avanti con loro, contro il fato, la sfortuna, la notte e i cuori di pietra che si sbriciolano. E lo stavano facendo con un sorriso, sudore e fasci di nervi ben stretti intorno alle canzoni più tirate.
Dev'essere stato su For real, se davvero era quella, o su Song of our so-called friend, mentre c'era un assolo di quella cosa che non so se mandolino o ukulele, e tutto nella musica degli Okkervil River si stava tendendo e tendendo ancora più in alto (per contrasto ai silenzi e alle parole urlate fuori dal microfono), e c'erano queste luci nuove intorno ai muri neri, io lì sulle mattonelle rosse ho pensato sono di nuovo qui, a un concerto qui. Ed ero contento che un altro anno cominciasse.
E quella corda strappata danzava dal manico della chitarra, si contorceva come una frusta, si lanciava sul pubblico luccicando, ed era un filo elettrico impazzito, sul punto di toccarci con la corrente del Fiume.
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