Tremolanti stelle d'autunno
Non è raro leggere nella biografia di una band riferimenti alle biografie dei suoi componenti. Ci si confonde volentieri, sperando forse di trovarsi di fronte a personaggi dei fumetti.
Non sempre però la relazione viene illustrata in maniera così universale, dolorosa ed evidente come nel caso di Robert Wratten e dei suoi Trembling Blue Stars.
Una storia d'amore nata nella musica e finita in musica.
È davvero difficile leggere in giro a proposito dei TBS senza incontrare il nome di Annemari Davies.
Per chi ha familiarità con la propria camera da letto certi pomeriggi d'autunno in cui si è stati lasciati (o si ha lasciato qualcuno), le canzoni di The seven autumn flowers avranno un'aria vagamente deja-vù, di lettere chiuse in fondo a scatole da anni ma che si conosce ancora bene a memoria.
L'umore di questo album però si fa più disteso, come si asciugano gli occhi dopo il pianto.
L'influenza del cantautorato classico (ma mai spoglio: Wratten del resto preferisce citare i Beatles piuttosto che Nick Drake) si alterna a momenti che mi hanno ricordato le malinconie elettroniche di certi New Order o addirittura di certi Pet Shop Boys.
Stacca poi da tutto il resto la traccia d'apertura cantata da Beth Arzy, una Helen Reddy che non dispiacerebbe ai Postal Service e che ricorda quasi i Delgados di Everybody Come Down.
Non è raro leggere nella biografia di una band riferimenti alle biografie dei suoi componenti. Ci si confonde volentieri, sperando forse di trovarsi di fronte a personaggi dei fumetti.
Non sempre però la relazione viene illustrata in maniera così universale, dolorosa ed evidente come nel caso di Robert Wratten e dei suoi Trembling Blue Stars.
Una storia d'amore nata nella musica e finita in musica.
È davvero difficile leggere in giro a proposito dei TBS senza incontrare il nome di Annemari Davies.
Per chi ha familiarità con la propria camera da letto certi pomeriggi d'autunno in cui si è stati lasciati (o si ha lasciato qualcuno), le canzoni di The seven autumn flowers avranno un'aria vagamente deja-vù, di lettere chiuse in fondo a scatole da anni ma che si conosce ancora bene a memoria.
L'umore di questo album però si fa più disteso, come si asciugano gli occhi dopo il pianto.
L'influenza del cantautorato classico (ma mai spoglio: Wratten del resto preferisce citare i Beatles piuttosto che Nick Drake) si alterna a momenti che mi hanno ricordato le malinconie elettroniche di certi New Order o addirittura di certi Pet Shop Boys.
Stacca poi da tutto il resto la traccia d'apertura cantata da Beth Arzy, una Helen Reddy che non dispiacerebbe ai Postal Service e che ricorda quasi i Delgados di Everybody Come Down.
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