Caro Kurt

«E adesso sei morto.
Ero a San Francisco, in macchina sulla 101 appena oltre Candlestick Park, quando alla radio hanno trasmesso la notizia. La notizia che ti sei sparato.

Qualche minuto più tardi ho raggiunto la città, e allora ho parcheggiato e cercato di capire quali emozioni provavo.
Non ti avevo mai chiesto di costringermi a provare emozioni per te, ma era successo comunque, nonostante ogni retorica, nonostante tutto, e ora sei entrato per l'eternità nel mio immaginario.

E se è per quello, ti immagino in paradiso. Ma adesso a cosa ti serve sapere che anche tu, come si dice, sei venerato?»


Douglas Coupland, - Letter From A Fan - Washington Post, 9 aprile 1994 (apparsa con il titolo "Lettera a Kurt Cobain" nel volume Memoria Polaroid, Marco Tropea Editore, 1997, traduzione di Marco Pensante).

Lo so, il mondo ha ricordato Cobain lunedì scorso, ma io ho ancora molto viva nella memoria l'immagine di quella sera dell'8 aprile di dieci anni fa, quando un telegiornale di mezza sera o giù di lì diede la prima notizia. Ecco, l'anniversario per me è quello: io fermo in piedi, in mezzo alla cucina, e un sacco di vuoto tra i pensieri. Poi qualche nastrone impolverato in macchina, per guidare un po'.

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