Nessuno conosce nessuno
Ma Roger Avery sa qualcosa di Bret Easton Ellis
Le regole dell'attrazione, da quel che ricordo, mi era sembrato il libro più debole di Easton Ellis, lettura obbligata dei ventenni di alcuni anni fa.
L'omonimo film nelle sale in questi giorni ne è la migliore trasposizione possibile, e forse anche qualcosa di più.
E' divertente (anche quando cialtroneggia) e funziona sotto molti punti di vista: riesce nell'impresa di mettere ordine nel namedropping esasperato sul quale era costruito buona parte del romanzo (problema risolto con i dieci minuti prima dei titoli di testa); trova attori in grado di dare conto dell'opacità dei personaggi senza risultare dei baccalà (ammetto di non aver mai visto Dawson Creek o Seventh Heaven, piccolo vantaggio); ha un costante e puntuale sfondo sonoro (grazie Fra'), vitale nella scrittura di Easton Ellis.
Basterebbe da solo il resoconto del viaggio in Europa di Victor - vale il biglietto - per affermare che Roger Avery (ti pareva che non avesse un blog) ha capito molto dello scrittore americano: prima persona al tempo presente, lingua estremamente povera (si diceva paratassi?) per accelerare ancora di più le immagini velocissime, ripetizioni e ripetizioni e ripetizioni che finiscono per intontire e rendere inutile qualsiasi distinzione e indifferente il progresso della narrazione.
Certo, poco salverebbe questo film dall'accusa di giovanilismo, ma il disinteresse di Ellis/Avery per temi e contenuti è abbastanza evidente dalla spietatezza con cui la ragazza che si suicida per amore è lasciata al suo destino.
Sì, d'accordo, i figli di quest'America ricca e assurda sono tossici alcolizzati che scopano continuamente chiunque capiti a tiro senza ricordarsi nulla...
Non importa l'amore "a quelli come noi", dice Lauren alla fine, ed è una morale talmente risibile ("nessun conosce nessuno", cioè, capisci...) che non ci si prende nemmeno la briga di finire l'ultima frase. Motocicletta, via, rock'n'roll.
A me sembra un po' una mazzata ai film collegiali americani più deleteri. Insomma, cosa differenzia The rules of attraction da American Pie?
Qui nemmeno per un secondo si fa finta di rappresentare la vita "scolastica" (l'unico prof. che si vede non è per nulla diverso dagli altri ragazzi alle feste), e si portano alle estreme conseguenze le condizioni che là provocano la risata stupida: in questo campus il tempo è sospeso (potrebbe anche essere una prigione), si vive un interminabile weekend di party e ammucchiate. Ed è lì che si scatena comunque tutto il "male" che c'è (anche) in questi ragazzi fichissimi e ignoranti come capre.
Ma Roger Avery sa qualcosa di Bret Easton Ellis
Le regole dell'attrazione, da quel che ricordo, mi era sembrato il libro più debole di Easton Ellis, lettura obbligata dei ventenni di alcuni anni fa.
L'omonimo film nelle sale in questi giorni ne è la migliore trasposizione possibile, e forse anche qualcosa di più.
E' divertente (anche quando cialtroneggia) e funziona sotto molti punti di vista: riesce nell'impresa di mettere ordine nel namedropping esasperato sul quale era costruito buona parte del romanzo (problema risolto con i dieci minuti prima dei titoli di testa); trova attori in grado di dare conto dell'opacità dei personaggi senza risultare dei baccalà (ammetto di non aver mai visto Dawson Creek o Seventh Heaven, piccolo vantaggio); ha un costante e puntuale sfondo sonoro (grazie Fra'), vitale nella scrittura di Easton Ellis.
Basterebbe da solo il resoconto del viaggio in Europa di Victor - vale il biglietto - per affermare che Roger Avery (ti pareva che non avesse un blog) ha capito molto dello scrittore americano: prima persona al tempo presente, lingua estremamente povera (si diceva paratassi?) per accelerare ancora di più le immagini velocissime, ripetizioni e ripetizioni e ripetizioni che finiscono per intontire e rendere inutile qualsiasi distinzione e indifferente il progresso della narrazione.
Certo, poco salverebbe questo film dall'accusa di giovanilismo, ma il disinteresse di Ellis/Avery per temi e contenuti è abbastanza evidente dalla spietatezza con cui la ragazza che si suicida per amore è lasciata al suo destino.
Sì, d'accordo, i figli di quest'America ricca e assurda sono tossici alcolizzati che scopano continuamente chiunque capiti a tiro senza ricordarsi nulla...
Non importa l'amore "a quelli come noi", dice Lauren alla fine, ed è una morale talmente risibile ("nessun conosce nessuno", cioè, capisci...) che non ci si prende nemmeno la briga di finire l'ultima frase. Motocicletta, via, rock'n'roll.
A me sembra un po' una mazzata ai film collegiali americani più deleteri. Insomma, cosa differenzia The rules of attraction da American Pie?
Qui nemmeno per un secondo si fa finta di rappresentare la vita "scolastica" (l'unico prof. che si vede non è per nulla diverso dagli altri ragazzi alle feste), e si portano alle estreme conseguenze le condizioni che là provocano la risata stupida: in questo campus il tempo è sospeso (potrebbe anche essere una prigione), si vive un interminabile weekend di party e ammucchiate. Ed è lì che si scatena comunque tutto il "male" che c'è (anche) in questi ragazzi fichissimi e ignoranti come capre.
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