Musica per nebbie (2)
Torni a casa dopo la festa e non hai per niente sonno. Ti fermi in piedi davanti al tavolo a sfilare le spillette dalla maglia, come una signora perbene si toglierebbe gli ori seduta allo specchio. Sei perplesso, è stagione.
Le persone sono come le stagioni, canta Robin Proper-Sheppard in macchina la mattina successiva. Il clima asseconda le sue dolenti ballate, e dal sole di febbraio sopra le prime colline si passa alla spenta pianura, sbiadita in grigio e nebbia (come dall'apertura di Oh my love si passa al resto della tracklist).
Segui una strada lungo un argine, vuota a quest’ora come a ogni altra, e ti lasci alle spalle le frequenze della città. Poi siccome a Cento c’è il carnevale e di sicuro il traffico sarà bloccato, decidi di proseguire per sentieri ancora più stretti, tra maceri, campi e camposanti.
Sai sempre cosa aspettarti da queste domeniche al paese, più o meno come da un nuovo disco dei Sophia. Quello che avrebbe potuto essere lo ritrovi sempre lì, incompiuto, a ogni svolta della strada. Non se ne va, ed è buffo, perché sta lì proprio a ricordarti che niente rimane. Un po’ come la tristezza della voce di Proper-Sheppard, il suo dolore per la scomparsa di Jimmy Fernandez, compagno nei Godmachine.
“Been walking down this road everyday of my fucking life and if a change is gonna come god I hope it bleeds this river dry”. I morti non conoscono stagioni, ma con questo cielo basso si fanno più vicini. Quello che non hai scelto lo hai sempre saputo, ma con questa nebbia incerta si sfalsano le prospettive.
Lì abitava… quello è… lei era…
Finisce che ci parli con tutte queste persone nella tua testa: chi dovrebbe ancora esserci, chi è andato via, chi hai lasciato indietro. Culli ancora la musica, queste canzoni piene di “you” che non sono intorno a lui, “and if I will you closer can you feel the presence of my thoughts”, e ti chiedi perché continuiamo a parlare, se è una malattia, se è solo la malinconia, è domenica, è una stagione come un’altra, e le persone sono proprio così. Anche quelle che non ci sono più.
Torni a casa dopo la festa e non hai per niente sonno. Ti fermi in piedi davanti al tavolo a sfilare le spillette dalla maglia, come una signora perbene si toglierebbe gli ori seduta allo specchio. Sei perplesso, è stagione.
Le persone sono come le stagioni, canta Robin Proper-Sheppard in macchina la mattina successiva. Il clima asseconda le sue dolenti ballate, e dal sole di febbraio sopra le prime colline si passa alla spenta pianura, sbiadita in grigio e nebbia (come dall'apertura di Oh my love si passa al resto della tracklist).
Segui una strada lungo un argine, vuota a quest’ora come a ogni altra, e ti lasci alle spalle le frequenze della città. Poi siccome a Cento c’è il carnevale e di sicuro il traffico sarà bloccato, decidi di proseguire per sentieri ancora più stretti, tra maceri, campi e camposanti.
Sai sempre cosa aspettarti da queste domeniche al paese, più o meno come da un nuovo disco dei Sophia. Quello che avrebbe potuto essere lo ritrovi sempre lì, incompiuto, a ogni svolta della strada. Non se ne va, ed è buffo, perché sta lì proprio a ricordarti che niente rimane. Un po’ come la tristezza della voce di Proper-Sheppard, il suo dolore per la scomparsa di Jimmy Fernandez, compagno nei Godmachine.
“Been walking down this road everyday of my fucking life and if a change is gonna come god I hope it bleeds this river dry”. I morti non conoscono stagioni, ma con questo cielo basso si fanno più vicini. Quello che non hai scelto lo hai sempre saputo, ma con questa nebbia incerta si sfalsano le prospettive.
Lì abitava… quello è… lei era…
Finisce che ci parli con tutte queste persone nella tua testa: chi dovrebbe ancora esserci, chi è andato via, chi hai lasciato indietro. Culli ancora la musica, queste canzoni piene di “you” che non sono intorno a lui, “and if I will you closer can you feel the presence of my thoughts”, e ti chiedi perché continuiamo a parlare, se è una malattia, se è solo la malinconia, è domenica, è una stagione come un’altra, e le persone sono proprio così. Anche quelle che non ci sono più.
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