Musica per nebbie (1)
Nell’attimo prima di cadere addormentato mentre qualcuno ti abbraccia, apri gli occhi di colpo e chiedi sussurrando “hai detto qualcosa?”.
Ma la voce era nel sogno ed era la tua: “questi non sono i miei bonghi” aveva annunciato, e tu confuso non avevi saputo cosa rispondere.
Nel nuovo album dei Fuck ci sono momenti che fanno sentire esattamente così. Canzoni indolenti, sghembe, spesso talmente fugaci da avere la stessa consistenza di ricordi di sogni. Eppure la concisione sembra donare ulteriore ricchezza al lavoro del quartetto. Non manca nulla: dalla "spensierata" Firing Squad alla sconcertante dolcezza di How to say, dal rock nervoso di A vow e Hideout all’interludio di Jazz Idiodyssey.
Però è anche vero che il filo conduttore della raccolta è senza dubbio un umore malinconico e piuttosto intimo, adatto a queste giornate novembrine intrise di nebbia come pioggia rappresa (ad esempio, stamattina sembra la copertina scartata n.5, un video perfetto per la brumosa A conversation ).
Apparente conseguenza, i Fuck sembrano essere sempre più a loro agio quando le canzoni si spogliano di quasi tutto. Le voci sono spesso in primo piano (ma se mettete le cuffie ogni tanto sentirete il piede battere il tempo), le chitarre acustiche e smaglianti, gli interventi elettronici sempre misurati.
Those are not my bongos è stato in buona parte registrato ad Ancona insieme a Matteo Agostinelli degli Yuppie Flu (che canta pure in un paio di occasioni), ed esce per i nostri indie warriors della Homesleep.
I Fuck saranno prossimamente in tour in Gran Bretagna e hanno in agenda anche una visita a John Peel.
Nell’attimo prima di cadere addormentato mentre qualcuno ti abbraccia, apri gli occhi di colpo e chiedi sussurrando “hai detto qualcosa?”.
Ma la voce era nel sogno ed era la tua: “questi non sono i miei bonghi” aveva annunciato, e tu confuso non avevi saputo cosa rispondere.
Nel nuovo album dei Fuck ci sono momenti che fanno sentire esattamente così. Canzoni indolenti, sghembe, spesso talmente fugaci da avere la stessa consistenza di ricordi di sogni. Eppure la concisione sembra donare ulteriore ricchezza al lavoro del quartetto. Non manca nulla: dalla "spensierata" Firing Squad alla sconcertante dolcezza di How to say, dal rock nervoso di A vow e Hideout all’interludio di Jazz Idiodyssey.
Però è anche vero che il filo conduttore della raccolta è senza dubbio un umore malinconico e piuttosto intimo, adatto a queste giornate novembrine intrise di nebbia come pioggia rappresa (ad esempio, stamattina sembra la copertina scartata n.5, un video perfetto per la brumosa A conversation ).
Apparente conseguenza, i Fuck sembrano essere sempre più a loro agio quando le canzoni si spogliano di quasi tutto. Le voci sono spesso in primo piano (ma se mettete le cuffie ogni tanto sentirete il piede battere il tempo), le chitarre acustiche e smaglianti, gli interventi elettronici sempre misurati.
Those are not my bongos è stato in buona parte registrato ad Ancona insieme a Matteo Agostinelli degli Yuppie Flu (che canta pure in un paio di occasioni), ed esce per i nostri indie warriors della Homesleep.
I Fuck saranno prossimamente in tour in Gran Bretagna e hanno in agenda anche una visita a John Peel.
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