Generazione vuota
Blank Generation all'XM24 questa sera, ore 21.30

Blank GenerationNew York. Metà anni Settanta. Alcuni club cittadini cominciano a proporre concerti di nuove band che suonano una musica secca, veloce, rumorosa. Uno di questi locali è il CBGB’s, inaugurato nel 1973 e che l’anno successivo tiene a battesimo, fra gli altri, i Ramones. Il CBGB’s è frequentato anche da personaggi come Ivan Kral, un esule cecoslovacco che si sta facendo un nome come filmaker e come musicista nel Patti Smith Group, e da Amos Poe, regista di film low budget molto coinvolto nella scena che oggi possiamo definire proto-punk.
Diventati amici, Kral e Poe cominciano a filmare con un super8 i concerti che si svolgono al CBGB’s. I due non possono permettersi un fonico e, dal momento che il super8 non ha microfoni, le loro riprese sono mute. Quando decidono di unire le sequenze migliori in un’unica collezione, quindi, sono costretti a utilizzare le registrazioni di altri live o i demo forniti dalle band stesse. Il risultato è Blank Generation, un documentario in bianco e nero con il sonoro fuori sincrono. Molto rozzo, molto punk, e molto affascinante.
La disparità fra lo sfarfallio tipico delle immagini in super8 (poi riversate su pellicola 16mm) e l’audio di discreta qualità, infatti, crea una forma che si sposa perfettamente al contenuto. Quest'ultimo è opera di personaggi del calibro di Television, Patti Smith Group, Ramones, Talking Heads, Wayne County and The Electric Chairs, Blondie, Johnny Thunder & The Heartbreakers (con Richard Hell), Harry Toledo, Marbles, Tuff Darts, The Shirts e Miamis.

Che sia un momento di transizione (le riprese risalgono al ‘75) lo si capisce proprio da questi nomi, non tutti inseribili nel calderone punk (Talking Heads, Blondie, Television e la stessa Patti Smith) e che permettono di capire meglio il successivo sviluppo della new wave. Ma il lavoro è pronto nel ‘76, in concomitanza con l’inizio vero e proprio del nuovo genere (che qualcuno fa coincidere con l’uscita del primo singolo dei Damned) e ne diventa in qualche modo il film-simbolo, anche perché raccoglie le uniche immagini dei primi passi di band destinate a lasciare una traccia fondamentale nella storia del rock.

In quest’ora scarsa si può ascoltare, ad esempio, una versione schizofrenica di Psycho Killer ("qu’est-ce-que-c’est? fah fah fah fah fah..."). E ogni gruppo è messo a fuoco per tre o quattro minuti prima di vederlo sul palco.
Capita anche a Wayne County, oltraggiosa drag-queen leader degli Electric Chairs, che vediamo brandire uno scopino da cesso mentre urla "He's a boy, but he looks like a girl! Dirty, dirty, dirty!"

Wayne/Jayne County
Ispiratrice mai riconosciuta di New York Dolls, David Bowie, Pete Burns (Dead Or Alive) e tanti altri, nata nel giro Factory (quella di Warhol), ha iniziato nel teatro (pre)transgender di Paul Morrissey, per poi pre-datare il punk con gli Electric Chairs e dare uno scossone fondamentale alla scena come principale band del Roxy a Londra.
E’ a lei che dobbiamo l’introduzione dell’estetica transgender estremamente sessuata nella scena punk originale, e la successiva spinta in direzione dell’esplorazione del corpo. Compì la transizione da Wayne a Jayne nella totale oscurità mediatica, in concomitanza, qui da noi, con la bufala Amanda Lear: andrebbe beatificata come Santa Pagana del transgender (di cui si occupa il festival Gender Bender che si svolge in questi giorni qui a Bologna). Essenziali il suo pezzo Transgender Rock’n’Roll e i primi due album degli Electric Chairs, con numerose perle di oscenità pansessuale (al cui confronto Peaches è un’educanda), cominciando dal brano You Make Me Cream in My Jeans.

A proposito di jeans, e non solo
Blank Generation significa generazione vuota. Una generazione di ragazzi che, semplicemente vestendosi punk, diventano di colpo strani. Si facevano tagliare i capelli cortissimi, pantaloni a tubo, le All Star e un giubbottino di pelle marrone trafitto da almeno duecento spille da balia, e il gioco era fatto. La porta d’accesso per un altro mondo dove non dovevano sottostare a regole e rotture di coglioni, o almeno potevano dare l’impressione di farlo.
E’ difficile, oggi, rendersi conto della portata di tutto questo. Essere punk significava rifiutare in blocco, inconsapevolmente o meno, anni e anni di controcultura, rifiutare la liberazione del corpo come mille altre utopie, invertire un’immagine giovanile allora dominante.
Quella generazione vuota, composta di alieni dai capelli corti e magari colorati significava l’azzeramento, l’annichilimento, colpiva a trecentosessanta gradi tutt’intorno e reagiva negativamente a qualsiasi stimolo positivo. E proprio Richard Hell si è sempre proclamato il promotore ante-litteram dell’estetica e del suono punk.

Richard Hell
Con i Neon Boys, nel 1971, Richard Hell dà inizio agli anni Ottanta senza saperlo. Lo si può vedere raffigurato nel retro di un EP postumo, insieme a Tom Verlaine e Billy Ficca, mentre imbraccia il suo fido basso. Richard è un perfetto punk con quattro anni d’anticipo: occhiali neri stile Sixties, capelli corti tagliuzzati malamente, giubbotto di pelle nera. Anche nella musica è presente questa forte attitudine punk. Le canzoni dei Neon Boys vivono di una tensione sconosciuta al rock dei primi anni ‘70. Ma questa esperienza - purtroppo – dura molto poco. Il sodalizio con Tom Verlaine non funziona: non possono convivere due personalità così egocentriche. Tom prosegue da solo e forma i Television, mentre Richard Hell, nel ’75, incrocia la sua strada con il vecchio amico Johnny Thunders, fuoriuscito dai New York Dolls.
Insieme decidono di formare un gruppo di rock’n’roll il più oltraggioso possibile: gli Heartbreakers. La band suona uno spudorato rock’n’roll di strada (Stooges e New York Dolls, tanto per fare i soliti nomi) tentando anche una ricerca di carattere visuale alla quale si ispirerà, poco dopo, Malcom McLaren. Camicie strappate ad arte sulle quali vengono sparse pennellate di colore rosso, giubbe di pelle nera, capelli corti tagliati a caso. Questi gli elementi che concorrono a formare l’immagine degli Heartbreakers che proseguono e portano a completo sviluppo il discorso musicale iniziato dai Neon Boys: una stilizzazione del vecchio rock’n’roll e del primo beat, scossa da violenti fremiti e cantata nella maniera più schizofrenica possibile.
Gli Heartbreakers potevano diventare per l’America quello che i Sex Pistols sono stati per l’Inghilterra. Ma come mettere d’accordo un cronico junkie come Johnny Thunders e un’intelligenza vulcanica come quella di Richard Hell? Anche questa esperienza, infatti, trova la sua inevitabile conclusione: Richard lascia il gruppo e ritorna ai suoi progetti solisti. Nel ‘77 forma i Voidoids e incide un EP contenente una canzone bella e importante: Blank Generation.

Visioni punk
E’ il film di Amos Poe ad aver ispirato il titolo della canzone di Richard Hell oppure è il contrario? Poco importa, a ben vedere. Alla fin fine, piuttosto, non rimane che ricordare l’esiguo numero di film sul movimento punk, a parte The Great Rock’n’roll Swindle di Julian Temple (tornato sull’argomento un paio d’anni fa con The Filth and The Fury) e The Decline of Western Civilization di Penelope Spheeris, incentrato sui gruppi punk di Los Angeles (X, Black Flag, Circle Jerks).

Qui in Italia le prime immagini di punk inglesi arrivarono grazie alla trasmissione Odeon, su Rai2. Presentava il punk come l’ultima follia giovanile dall’Inghilterra. Capelli colorati, abiti stracciati, catene, la spilla-da-balia-che-trafigge-la-guancia, questo genere di cose. Odeon diceva e testimoniava che i tempi stavano cambiando. Era vero oppure no che nella sigla si vedevano delle ballerine con le tette di fuori? Tutto quanto fa spettacolo, no? E’ buffo, ma molti ragazzi italiani hanno imparato ad essere punk, in un certo senso, dai media ufficiali.

One two three four!
Il cinema di Amos Poe rappresenta la sintesi di tutto quello che si può definire come cinema rock. Chi può (e vuole) si vada a leggere quanto scritto da Guido Chiesa sul numero 14 di Rockerilla (maggio 1981). Il rock è l’essenza stessa dei suoi film, anche di quelli mainstream mai arrivati nelle sale italiane tranne, nel 1984, Alphabet City. La questione non è negli attori che usa (Debby Harry, ad esempio) o nel fatto che si vedono concerti o locali (Just An American Boy, realizato quest’anno, descrive un tour del cantautore texano Steve Earle). La questione, invece e soprattutto, è che dai suoi film emerge sempre un’immagine globale della cultura e della generazione rock.


Blank Generation
USA, 1976, 16mm, 55', b/n
Regia: Amos Poe e Ivan Kral.
Fotografia: Amos Poe (16mm, bianco e nero).
Musica: registrata da dischi dei gruppi presenti nel film, asincrona.
Montaggio: Amos Poe e Ivan Kral.
Produzione: Amos Poe e Ivan Kral.

Questa sera all'XM24, Via Fioravanti 24, Bologna, ore 21,30.

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