Tonight, I turn my radio on...

Qualche giorno fa EmmeBi mi ha invitato a ripensare alle “radio che ci sono rimaste addosso” in questi anni.
Nel suo post erano raccontati gli ultimi tre decenni della radiofonia italiana: ancora una volta non ho potuto fare a meno di sentirmi dannatamente tagliato fuori. La mia infanzia agreste, tra le altre privazioni, mi ha inflitto anche quella dalle frequenze giuste.

Crescevo lontano dalla Bologna delle radio libere (e in ritardo per quelle storiche), e lontano da Modena, che vantava una tradizione rockettara in fm di tutto rispetto.
Non ero nemmeno abbastanza vicino a Ferrara, dove nei negozi in cui mi portavano a comperare i vestiti si poteva ascoltare la radio di quelli che ci sarebbero stati il pomeriggio alla tivù: Cecchetto, Linus, Jovanotti…

Abitavo pure distante da quel mio amico che aveva cominciato a comperare dischi prima ancora di possedere uno stereo (lui poi è diventato un dj davvero, e adesso gira per gli aeroporti con la record case tutta appiccicata di adesivi), così ci sintonizzavamo su piccole radio locali, quelle che la mattina magari trasmettevano liscio, e cercavamo programmi di dediche e richieste per salutarci a distanza e registrare nastroni: la prima canzone memorizzata sulla prima cassetta che mia sorella mi regalò (una sony arancione) temo sia stata proprio “Self control” di Raf…

Purtroppo non ho quasi nessuna memoria radiofonica interessante fino alle superiori inoltrate, quando una sera d’inverno, nella macchina di un’amica già dotata di patente ma non di autoradio con mangianastri (o meglio, aveva ancora le Stereo-8!), mi misi a girare tutte le stazioni per cercare qualcosa di decente.
La folgorazione arrivò su una gracchiante “All over the world” dei Pixies. Non avevo mai sentito nulla di simile.
Non so se era Planet Rock oppure già Suoni&Ultrasuoni, so che da allora cominciai a intuire vagamente che la musica era una disciplina complicata, che c’era una storia, che c’era un sottosuolo importantissimo e vasto oltre i video che potevamo vedere. Nessuno me lo aveva mai raccontato.

Poi arrivò l’Università. Credo di essere fortunato: la radio “che mi è rimasta più addosso” è proprio la stessa dalla quale ora trasmetto, Radio Città 103 (il nuovo sito è ancora in costruzione, e forse ora darà il suo contributo anche il blog veterano Valido).
Certo, a Bologna c’erano anche Radio Città del Capo e Radio K; ma la prima ha sempre avuto un’aria troppo “professionale”, mentre la seconda risentiva di intere ore di silenzio durante le quali chi stava trasmettendo era probabilmente troppo fumato anche solo per premere play.

Ricordo invece che Radio Città l’accendevo appena entravo in casa (anche allora non avevo la tivù) e c’è poco da dire: eravamo proprio sulla stessa frequenza.
Eppoi la musica che trasmettevano un paio di sere la settimana certi tipi che sembravano molto competenti ma anche molto simpatici mi sembrava uscire da un altro mondo.
Non conoscevo ancora la parola “indie” e mi incantava la pronuncia di “dinasaugggiuniar” di Linda. Quelle sere non uscivo: c’era il mio programma preferito alla radio.

Ammetto che, ancora oggi (Radio Gap a parte), notiziari e manifestazioni si riesce a seguirli meglio su Popolare Network, e che quando Radio K trasmette un nastrone mi fermo sempre con piacere, ma ormai il primo amore non si scorda più: quel caldo, confortante mono sui centotre e cento, che ogni tanto sentiamo anche un po’ nostro.
Stasera tra gli altri ospiti, avremo proprio Alberto Simoni, storico dj del Covo e se non ricordo male prima voce della radio a materializzarsi davanti ai nostri occhi di sbarbi: alle venti, non mancate :-)

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