Fine (all tomorrow’s parties)

E adesso è davvero finita, bella.
I mal di testa sono passati, il pavimento è stato ripulito e l'inchiostro dei timbri si è asciugato dai polsi.

Dove andremo a saltare sudati, a gridare con gli occhi chiusi “hang the dj hang the dj hang the dj” e “I am un chien andalusia”? La forma di quale posto avranno tutte le nostre feste di domani? Non lo so.
Probabilmente un’ultima festa non riesce mai come ti aspetti, ma questa era la nostra prima ultima festa per davvero, e non si può dire che sia andata male. Eravamo invitati, le porte si sono aperte e anche se come al solito non conoscevamo praticamente nessuno dentro c’erano quasi tutti.

A un certo punto il celebre F. si è avvicinato in mezzo alla piccola pista e ha provato a dirmi alcune cose mentre ballavamo. Io ho inteso che vedeva “la fine di un uomo, che consuma energia per donare felicità”: inquietante. Tu la mattina dopo hai suggerito che probabilmente avevo capito male, e che il celebre F. aveva detto “il fine dell’uomo” e faceva un discorso generale, magari appena un po’ alterato dalle medie chiare. Ma lo stesso mi è rimasto il dubbio. Di qualche fine si trattava pure, e lì c’eravamo noi e quel posto che chiudeva.

E poi quello felice era lui, me lo ha detto. Io al massimo ero felice per i gloriosi A. e G., che avevano messo i dischi in quella stanza per tanti anni e stasera non potevano sperare in un commiato migliore, che la gente era fitta, sollevava le braccia, piegava le ginocchia e rideva sollevando i calici.

Poi il leggendario S. ha ordinato un assurdo negroni alle tre di notte e io pensato che l’ultima sera non ti offre da bere nessuno.
Gli altri hanno tirato mattina, tu hai dato un bacio all'incrollabile M. e uscendo non ci siamo voltati indietro.

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