La vita senza edifici
Mi piacciono i posti con i libri usati, i dischi usati.
Poi, se mi chiedi, non so dirti dov’è, non so dirti cosa c’è.
Perché?
L’altra sera ho trovato l’unico album pubblicato dai Life without buildings, era in offerta a cinque euro e quel nome mi diceva qualcosa.
La fortuna di poter telefonare ad Arturo e domandare ma non è che li mettevate voi in radio, anni fa?
Chissà perché mi sembrano così lontani nel tempo: Any other city è appena del 2000.
Sarà stato quel nome (ispirato da una canzone dei Japan), o forse la scarna copertina.
All’epoca, la recensione di Pitchfork poneva in evidenza l’uso della voce e soprattutto delle liriche di Sue Tompkins, impiegate efficacemente come uno strumento tra gli altri. Voto:7.
NME paragonava il canto della piccola scozzese a una passata di unghie sulla lavagna, tollerabile solamente da parenti comprensivi o squilibrati. Dal vivo poi li giudicava una versione da aerobica del post rock. Voto: 4.
Per fortuna l’hype svanisce in fretta e preferisco essermi dimenticato quello di cui tutti per qualche ora hanno parlato appena un paio d’anni fa.
Così oggi ho ritrovato queste dieci canzoni, e ho potuto ascoltarle come fossero nuove (oppure molto vecchie, non importa: è indie).
In effetti, le dieci tracce sono poco o nulla differenti l'una dall'altra, con l'eccezione della conclusiva e smaccatamente velvetiana Sorrow: ma quell'identica modulazione ansiosa e frenetica (ora) mi risulta piacevolissima e affatto scontata.
A un profano come il sottoscritto fa venire in mente una via di mezzo tra Bjork e i Fall (ma guarda: li citano tutti!).
Sul loro vecchio sito, oltre alla notizia dell'ufficiale scioglimento (avvenuto all'inzio dell'anno scorso), anche una completa sezione Press.
Poi, se mi chiedi, non so dirti dov’è, non so dirti cosa c’è.
Perché?
L’altra sera ho trovato l’unico album pubblicato dai Life without buildings, era in offerta a cinque euro e quel nome mi diceva qualcosa.
La fortuna di poter telefonare ad Arturo e domandare ma non è che li mettevate voi in radio, anni fa?
Chissà perché mi sembrano così lontani nel tempo: Any other city è appena del 2000.
Sarà stato quel nome (ispirato da una canzone dei Japan), o forse la scarna copertina.
All’epoca, la recensione di Pitchfork poneva in evidenza l’uso della voce e soprattutto delle liriche di Sue Tompkins, impiegate efficacemente come uno strumento tra gli altri. Voto:7.
NME paragonava il canto della piccola scozzese a una passata di unghie sulla lavagna, tollerabile solamente da parenti comprensivi o squilibrati. Dal vivo poi li giudicava una versione da aerobica del post rock. Voto: 4.
Per fortuna l’hype svanisce in fretta e preferisco essermi dimenticato quello di cui tutti per qualche ora hanno parlato appena un paio d’anni fa.
Così oggi ho ritrovato queste dieci canzoni, e ho potuto ascoltarle come fossero nuove (oppure molto vecchie, non importa: è indie).
In effetti, le dieci tracce sono poco o nulla differenti l'una dall'altra, con l'eccezione della conclusiva e smaccatamente velvetiana Sorrow: ma quell'identica modulazione ansiosa e frenetica (ora) mi risulta piacevolissima e affatto scontata.
A un profano come il sottoscritto fa venire in mente una via di mezzo tra Bjork e i Fall (ma guarda: li citano tutti!).
Sul loro vecchio sito, oltre alla notizia dell'ufficiale scioglimento (avvenuto all'inzio dell'anno scorso), anche una completa sezione Press.
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