tardi/presto

Ma sì, mettiamo anche questa didascalia: questo è uno scorcio del portone del vecchio Bar dello Sudente, al 25 di Via Zamboni, proprio accanto a dove cominciava la fila della mensa di PazienzaDelle due l’una: o venivo al mondo dieci anni prima, e certe epoche le "vivevo" e adesso non mi preoccupavo neanche più, oppure nascevo dieci anni dopo, e allora un filmetto come Fortezza Bastiani lo vedevo al ginnasio, e crescendo davo per scontate certe esperienze, assumendole per via indiretta, come ricordi impiantati, e così superandole.

Invece mi sento sempre un po’ a disagio, lo confesso, tra questa risata partecipata che ogni tanto scappa e l’infelice consapevolezza dei limiti di tutta la faccenda.

E poi mi chiedo ogni volta per quanto Bologna potrà ancora sopportare questa retorica dei giovani, questa difesa a oltranza del provincialismo eroico, questa autoironia mammona, questo carattere che è solo messa in scena, questa scenografia di città che diventa vera solo quando smette di assomigliare a se stessa.
E anch’io sono così, limitato, lo vedo.
Con tutte le battute risapute: i portici che non si vede mai il cielo, la bambagia dello studente, il terzo piano di Lettere.
Un nastro registrato per la centesima volta, fotocopie di fumetti che sbiadiscono, un film in prima visione che sa già di replica.

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