Make money with your blog
Chissà perché gli articoli che parlano di blog sui quotidiani italiani finiscono nelle pagine più o meno economiche.
Oltre a quello del Corriere segnalato da Blog.it, ricordo un articoletto di tempo fa su Repubblica Affari e Finanza (che ora non sto nemmeno a cercare). Evan Williams in maglietta, zaino a tracolla e sorriso timido: uno che con gli affari e la finanza non sembrava averci molto a che fare.
Internet è new economy, si saranno detti in redazione, e se questa cosa va su internet allora è ok.
("Uh, guarda Marge, adesso internet c’è anche per computer")
La cosa che trovo interessante è la premessa di articoli come quello di ieri: il blog sta nella new economy perché *è* internet, come dicevano meglio di me quelli al workshop di Padova.
Anche se i giornali concludono che allora "da qualche parte dovranno pur esserci dei soldi", a me piace che intanto passi quest’idea: non si tratta solo di diari on line, narcisi e autistici.
Sono gli articoli più superficiali che mettono in evidenza soltanto la possibilità di pubblicare istantaneamente e "essere visibili a milioni di potenziali lettori" (capirai).
Chi si ferma a guardare un po’ più da vicino un blog, invece, scopre che chi lo aggiorna ha una colonna di link, dialoga con i suoi simili, li cita, si creano circoli, si intersecano conoscenze.
Certo, vedo bene che questo discorso va a finire in qualcosa di moraleggiante tipo "meglio 20 lettori che sanno chi sei e cosa dici piuttosto che ventimila contatti al giorno". E quindi mi fermo e mi rimetto seduto, perché i contatti sono moneta su internet, e se il blog è nelle pagine di economia potrebbe voler dire che 1) qualcuno si è confuso 2) qualcuno vede più lontano di me.
Però mi piacerebbe aggiungere una terza opzione: i blog potrebbero aiutarli ad allargare le vedute :-)
Chissà perché gli articoli che parlano di blog sui quotidiani italiani finiscono nelle pagine più o meno economiche.
Oltre a quello del Corriere segnalato da Blog.it, ricordo un articoletto di tempo fa su Repubblica Affari e Finanza (che ora non sto nemmeno a cercare). Evan Williams in maglietta, zaino a tracolla e sorriso timido: uno che con gli affari e la finanza non sembrava averci molto a che fare.
Internet è new economy, si saranno detti in redazione, e se questa cosa va su internet allora è ok.
("Uh, guarda Marge, adesso internet c’è anche per computer")
La cosa che trovo interessante è la premessa di articoli come quello di ieri: il blog sta nella new economy perché *è* internet, come dicevano meglio di me quelli al workshop di Padova.
Anche se i giornali concludono che allora "da qualche parte dovranno pur esserci dei soldi", a me piace che intanto passi quest’idea: non si tratta solo di diari on line, narcisi e autistici.
Sono gli articoli più superficiali che mettono in evidenza soltanto la possibilità di pubblicare istantaneamente e "essere visibili a milioni di potenziali lettori" (capirai).
Chi si ferma a guardare un po’ più da vicino un blog, invece, scopre che chi lo aggiorna ha una colonna di link, dialoga con i suoi simili, li cita, si creano circoli, si intersecano conoscenze.
Certo, vedo bene che questo discorso va a finire in qualcosa di moraleggiante tipo "meglio 20 lettori che sanno chi sei e cosa dici piuttosto che ventimila contatti al giorno". E quindi mi fermo e mi rimetto seduto, perché i contatti sono moneta su internet, e se il blog è nelle pagine di economia potrebbe voler dire che 1) qualcuno si è confuso 2) qualcuno vede più lontano di me.
Però mi piacerebbe aggiungere una terza opzione: i blog potrebbero aiutarli ad allargare le vedute :-)
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