Sporadica rubrica fatta con le vostre email e i miei sensi di colpa
Si avvicina la fine dell'anno, e tutti i bei dischi che nei mesi passati mi erano arrivati e a cui non ho mai dato risposta sono ancora lì a ricordarmi "come ho speso male il mio tempo".
► Piermaria Chapus è stato uno dei fondatori dei MiceCars, e questo è l'attacco di paragrafo più scontato che esista, ma per chi come me ha avuto a cuore l'indie rock italiano di inizio Duemila una premessa del genere è ancora importante. Piermaria abita da alcuni anni a Berlino e in questo periodo si era già dedicato a collaborazioni e progetti solisti. La sua ultima creatura si chiama semplicemente P. e in primavera aveva pubblicato un EP intitolato Last Entry in The Ship's Log. Sono soltanto tre canzoni ma non per questo bisogna credere che si tratti di un lavoro meno denso e robusto (tra l'altro, basta tornare a leggersi le raffinate annotazioni dello stesso Chapus nel track-by-track su DLSO). Pop sintetico e "intelligente" che come primi riferimenti mi fa venire in mente Air e Radiohead, e che trova sintesi e vertice nella conclusiva Someone Else's Life, un pezzo senza tempo che potresti immaginare uscito dalla discografia dagli XTC.
► Dopo il sorprendente Bleak del 2014 avevo perso di vista i Klam e avevo fatto male. La band toscana ha pubblicato (ormai da qualche mese) un nuovo album intitolato NON- ed è un lavoro ancora più affascinante. Le atmosfere oscure e claustrofobiche si stemperano in paesaggi dissolti tra riverberi e delay. Il gioco di contrasti e chiaroscuri che ne esce rende l'ascolto dell'album un lungo viaggio, un'emozione quasi cinematografica. Un'idea di suono ampia e ambiziosa che, tra shoegaze e post-rock, si spinge avanti, con slanci epici, melodie dolenti, fughe agguerrite e digressioni meditative.
► Lennard Rubra viene da Riccione ed è nato nel 1997. La seconda informazione faccio un po' fatica a processarla mentre scorrono le canzoni del suo fenomenale album di debutto Paracusie notturne: qui dentro c'è talmente "tanta roba" e questo ragazzo (che ha suonato e registrato quasi tutto da solo, ha fatto pure l'artwork e si è pubblicato con la sua etichetta LFA 27 Zeitgeber Enterprise) dimostra una tale libertà nell'approccio alle canzoni, nelle forme, nei dettagli degli arrangiamenti, nella stessa lingua, che devo tornare indietro più di una volta a riascoltare certi passaggi. Puoi sentire di tutto: da Lucio Dalla agli Of Montreal, da Mac De Marco a Syd Barrett. In Italia credo si possa accostare a qualcosa di Iosonouncane, ma più pop. E il risultato, complesso e iper-stratificato, riesce comunque ad arrivarti addosso come un lampo, un'illuminazione improvvisa, ma molto, molto divertente. Lennard racconta di essere cresciuto a musica popolare brasiliana anni '60, Smiths e John Cage, e anche se sembra una di quelle frasi buone per i comunicati stampa questa volta, dati certi risultati, ci si può credere. Una scrittura davvero interessante quella di Lennard, fatta di frammenti e scherzi, sparate teatrali e poi confessioni a cuore aperto, e che nella sua multiforme musica trova un vestito perfetto. Un nuovo talento che bisognerà tenere d'occhio.
► Rispetto a quando vennero live a polaroid qualche anno fa, i torinesi New Adventures In Lo-Fi sembrano davvero diventati un'altra band, almeno a giudicare da questo secondo album Indigo. Suono più incisivo, strutture più libere, una diversa aggressività, vedi per esempio l'apertura di Fault o la magnifica Blonde. Certo, puoi ritrovare ancora classici come i Death Cab For Cutie, sotto sotto, ma puoi percepire anche ispirazioni più mature, come National o War On Drugs. Soprattutto, senti che i loro "chitarroni" Nineties qui hanno una ragione d'essere che non è semplice nostalgia. Percepisci un sacco di passione, o come si diceva una volta, c'è attitudine in queste canzoni. Parte del merito deve essere anche il cambio di formazione, dato che ora i NAILF sono un trio, con Ettore Dara alla batteria, proveniente dai veronesi Debris Hill (altra vecchia conoscenza di queste pagine). Tra l'altro, il cantante di quella sottovalutata band, Michele Zamboni ha curato registrazione e produzione di questo lavoro. Come raccontano bene gli stessi New Adventures, "da anni siamo una band facilmente ascrivibile al grande girone emo, forse più per la scrittura e l’attitudine da teneroni col cuore traboccante che per le sfumature musicali legate al genere. Quelle ci sono sempre, ma con Indigo ci sembra di esserci spinti un po’ più in là".
► Agli albori di questo blog, nel lontano 2005, ci eravamo occupati diverse volte degli Austin Lace, quartetto belga ristampato anche in Italia dalla gloriosa etichetta Homesleep. Ora Fab Detry, che degli Austin Lace era il frontman, è tornato con un nuovo progetto chiamato Fabiola e ha da poco pubblicato un album intitolato Check My Spleen. Detry non ha perso la mano per un pop scanzonato, a tratti colorato di una psichedelia leggera, tra influenze brit e un po' di elettronica, sempre con molto humour (il disco è "dedicato alla propria milza"). In alcuni passaggi ti fa tornare in mente certi MGMT o l'Ariel Pink meno cupo.
► Quando mi sono imbattuto in Mirror, il quarto album degli Orchestra Of Spheres, non avevo punti di riferimento, mi sono trovato gettato in un spazio sconfinato e imprevedibile, ed è stato bellissimo. Ero quanto mai lontano dai suoni che frequento di solito, un differente universo proprio, ed ero totalmente a mio agio. L'effetto che può fare la band neozelandese è sorprendente. Musica ipnotica (Ata) ma anche altamente poetica (Foggy Day), che fagocita ogni linguaggio, dal kraut al jazz, dalla world music al prog, passando per l'ambient e il funk, e che però è capace di restituire un'opera coesa, in cui la complessità e i contrasti si lasciano conoscere e attraversare con grazia e potenza.
► Gli ING si definiscono una "experimental rock band" ma scrivono ~experimental~ tra due tildi, giusto per spiazzarti un altro po'. Cercano di sfuggire a ogni definizione, ma così facendo, a volte si ritrovano proprio dove meno te l'aspetti, tra ballate stralunate oppure dentro filastrocche quasi twee. Anche se la loro caratteristica più evidente resta uno spigoloso minimalismo. Non per niente il loro ultimo EP Self Titled è stato "composed of only notes and no chords" (anche se secondo me qui e là si sono dimenticati di questa regola), immagino per accentuare la sensazione di nervosismo e asciuttezza. Obiettivo che, grazie alla confezione meticolosamente lo-fi, viene centrato in pieno.
Si avvicina la fine dell'anno, e tutti i bei dischi che nei mesi passati mi erano arrivati e a cui non ho mai dato risposta sono ancora lì a ricordarmi "come ho speso male il mio tempo".
► Piermaria Chapus è stato uno dei fondatori dei MiceCars, e questo è l'attacco di paragrafo più scontato che esista, ma per chi come me ha avuto a cuore l'indie rock italiano di inizio Duemila una premessa del genere è ancora importante. Piermaria abita da alcuni anni a Berlino e in questo periodo si era già dedicato a collaborazioni e progetti solisti. La sua ultima creatura si chiama semplicemente P. e in primavera aveva pubblicato un EP intitolato Last Entry in The Ship's Log. Sono soltanto tre canzoni ma non per questo bisogna credere che si tratti di un lavoro meno denso e robusto (tra l'altro, basta tornare a leggersi le raffinate annotazioni dello stesso Chapus nel track-by-track su DLSO). Pop sintetico e "intelligente" che come primi riferimenti mi fa venire in mente Air e Radiohead, e che trova sintesi e vertice nella conclusiva Someone Else's Life, un pezzo senza tempo che potresti immaginare uscito dalla discografia dagli XTC.
► Dopo il sorprendente Bleak del 2014 avevo perso di vista i Klam e avevo fatto male. La band toscana ha pubblicato (ormai da qualche mese) un nuovo album intitolato NON- ed è un lavoro ancora più affascinante. Le atmosfere oscure e claustrofobiche si stemperano in paesaggi dissolti tra riverberi e delay. Il gioco di contrasti e chiaroscuri che ne esce rende l'ascolto dell'album un lungo viaggio, un'emozione quasi cinematografica. Un'idea di suono ampia e ambiziosa che, tra shoegaze e post-rock, si spinge avanti, con slanci epici, melodie dolenti, fughe agguerrite e digressioni meditative.
► Lennard Rubra viene da Riccione ed è nato nel 1997. La seconda informazione faccio un po' fatica a processarla mentre scorrono le canzoni del suo fenomenale album di debutto Paracusie notturne: qui dentro c'è talmente "tanta roba" e questo ragazzo (che ha suonato e registrato quasi tutto da solo, ha fatto pure l'artwork e si è pubblicato con la sua etichetta LFA 27 Zeitgeber Enterprise) dimostra una tale libertà nell'approccio alle canzoni, nelle forme, nei dettagli degli arrangiamenti, nella stessa lingua, che devo tornare indietro più di una volta a riascoltare certi passaggi. Puoi sentire di tutto: da Lucio Dalla agli Of Montreal, da Mac De Marco a Syd Barrett. In Italia credo si possa accostare a qualcosa di Iosonouncane, ma più pop. E il risultato, complesso e iper-stratificato, riesce comunque ad arrivarti addosso come un lampo, un'illuminazione improvvisa, ma molto, molto divertente. Lennard racconta di essere cresciuto a musica popolare brasiliana anni '60, Smiths e John Cage, e anche se sembra una di quelle frasi buone per i comunicati stampa questa volta, dati certi risultati, ci si può credere. Una scrittura davvero interessante quella di Lennard, fatta di frammenti e scherzi, sparate teatrali e poi confessioni a cuore aperto, e che nella sua multiforme musica trova un vestito perfetto. Un nuovo talento che bisognerà tenere d'occhio.
► Rispetto a quando vennero live a polaroid qualche anno fa, i torinesi New Adventures In Lo-Fi sembrano davvero diventati un'altra band, almeno a giudicare da questo secondo album Indigo. Suono più incisivo, strutture più libere, una diversa aggressività, vedi per esempio l'apertura di Fault o la magnifica Blonde. Certo, puoi ritrovare ancora classici come i Death Cab For Cutie, sotto sotto, ma puoi percepire anche ispirazioni più mature, come National o War On Drugs. Soprattutto, senti che i loro "chitarroni" Nineties qui hanno una ragione d'essere che non è semplice nostalgia. Percepisci un sacco di passione, o come si diceva una volta, c'è attitudine in queste canzoni. Parte del merito deve essere anche il cambio di formazione, dato che ora i NAILF sono un trio, con Ettore Dara alla batteria, proveniente dai veronesi Debris Hill (altra vecchia conoscenza di queste pagine). Tra l'altro, il cantante di quella sottovalutata band, Michele Zamboni ha curato registrazione e produzione di questo lavoro. Come raccontano bene gli stessi New Adventures, "da anni siamo una band facilmente ascrivibile al grande girone emo, forse più per la scrittura e l’attitudine da teneroni col cuore traboccante che per le sfumature musicali legate al genere. Quelle ci sono sempre, ma con Indigo ci sembra di esserci spinti un po’ più in là".
► Agli albori di questo blog, nel lontano 2005, ci eravamo occupati diverse volte degli Austin Lace, quartetto belga ristampato anche in Italia dalla gloriosa etichetta Homesleep. Ora Fab Detry, che degli Austin Lace era il frontman, è tornato con un nuovo progetto chiamato Fabiola e ha da poco pubblicato un album intitolato Check My Spleen. Detry non ha perso la mano per un pop scanzonato, a tratti colorato di una psichedelia leggera, tra influenze brit e un po' di elettronica, sempre con molto humour (il disco è "dedicato alla propria milza"). In alcuni passaggi ti fa tornare in mente certi MGMT o l'Ariel Pink meno cupo.
► Quando mi sono imbattuto in Mirror, il quarto album degli Orchestra Of Spheres, non avevo punti di riferimento, mi sono trovato gettato in un spazio sconfinato e imprevedibile, ed è stato bellissimo. Ero quanto mai lontano dai suoni che frequento di solito, un differente universo proprio, ed ero totalmente a mio agio. L'effetto che può fare la band neozelandese è sorprendente. Musica ipnotica (Ata) ma anche altamente poetica (Foggy Day), che fagocita ogni linguaggio, dal kraut al jazz, dalla world music al prog, passando per l'ambient e il funk, e che però è capace di restituire un'opera coesa, in cui la complessità e i contrasti si lasciano conoscere e attraversare con grazia e potenza.
► Gli ING si definiscono una "experimental rock band" ma scrivono ~experimental~ tra due tildi, giusto per spiazzarti un altro po'. Cercano di sfuggire a ogni definizione, ma così facendo, a volte si ritrovano proprio dove meno te l'aspetti, tra ballate stralunate oppure dentro filastrocche quasi twee. Anche se la loro caratteristica più evidente resta uno spigoloso minimalismo. Non per niente il loro ultimo EP Self Titled è stato "composed of only notes and no chords" (anche se secondo me qui e là si sono dimenticati di questa regola), immagino per accentuare la sensazione di nervosismo e asciuttezza. Obiettivo che, grazie alla confezione meticolosamente lo-fi, viene centrato in pieno.
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