▶️ È passato un anno da quando mi sono innamorato dei primi demo dei Jeanines e finalmente sta per arrivare un intero album! Il duo di New York, formato da Alice Jeanine insieme a Jedediah Smith dei super My Teenage Stride (nonché, più di recente, Mick Trouble), non poteva che debuttare su altra label che la Slumberland. Chitarre che arrivano da qualche scantinato della C86-era, ritmo indiavolato, melodie di una dolcezza Talulah Gosh e pure una cover dei Siddeleys in scaletta! Il singolo che anticipa le sedici canzoni dell'album (intitolato semplicemente come loro) è questa strepitosa Either Way ("Even though I don't know where I stand / I thought that you could take my hand"). Come ha scritto BrooklynVegan, "It’s a banger for folks who call Dolly Mixture songs bangers", e potete scommetere che questo blog è uno di quelli:
▶️ Ormai presenza fissa di questa piccola rubrica, il duo diviso tra Münster e Amsterdam dei NAH è tornato giusto in tempo per l'inizio della primavera con un nuovo singolo intitolato, in maniera molto appropriata, Apple Blossoms. Tra l'altro, come b-side troviamo una canzone intitolata proprio Primavera, più bossanoveggiante e lieve, a completare il quadro. Estella Rosa e Sebastian Voss tornano su atmosfere ancora una volta molto luminose e molto Elefant Records, e anche se "We’ve noticed we’re no longer / on the blooming side of life", alla fine, sulla brezza di una fisarmonica "your smile transformed the coldness into warmth".
▶️ Il quintetto londinese The Death Of Pop è in giro dal 2013 e ha già all'attivo diversi EP e cassette per Discos De Kirlian e Art is Hard Records. Per celebrare questo sesto anno di attività, ha fatto uscire per l'etichetta francese Hidden Bay Records una compilation su cassetta intitolata, per l'appunto, Six, che raccoglie vecchi brani suonati con nuovi arrangiamenti. Definiscono il loro suono "janglegaze", mescolando influenze diverse e ricordandomi, in alcuni momenti, alcune belle invenzioni pop dei nostri vecchi Love The Unicorn.
▶️ Provengono da Falmouth, cittadina sulla costa della Cornovaglia, e hanno appena debuttato su una piccola ma storica etichetta indiepop come la Sunday Records di Chicago: si chiamano Lips e la maniera con cui costruiscono le loro canzoni un po' sognanti e un po' fuzzy intorno alla voce celestiale di Rachel Anstis mi ricorda a volte gli Alvvays, come per esempio nella traccia d'apertura Apartment. Il loro primo EP vola via in un attimo, come un ricordo d'estate, tra reminiscenze di Sundays ed echi shoegaze. Un inizio molto, molto promettente:
▶️ Non si possono certo definire indiepop, ma dal vivo sono sempre talmente divertenti e questo nuovo singolo è così clamoroso, che mi sembrerebbe davvero un peccato escludere da questa playlist i Bee Bee Sea e la loro nuova e contagiosa Be Bop Palooza. Questa volta il trio di Castel Goffredo ha deciso di staccarsi dal più schietto garage rock e puntare verso un glam da festa, con tanto di falsetti e stop-&-go irresistibili. Obiettivo centrato ancora una volta!
▶️ Non ho trovato molte informazioni in giro su di loro, so soltanto che si chiamano Torrey, sono un quartetto e vengono da San Francisco. Niente facebook, appena un account instagram con un'unica foto e una pagina bandcamp con questo loro primo EP di sei tracce, intitolato Sister. Mostrano un'indole che qualche anno fa avrebbe immediatamente fatto scrivere nelle recensioni "surf rock", e in genere mi riportano alla mente un'epoca in cui relazionarsi all'indie era più semplice e diretto (ma te la ricordi Best Coast). Se amate il lato più pop di Courtney Barnett o Angel Olsen (ma perché citare solo nomi femminili? Aggiungiamo anche, per esempio, il sottovalutato Fred Thomas), penso apprezzerete questa prima prova dei Torrey, in attesa di saperne di più.
▶️ Grazie a Benty per avermi fatto conoscere questi Knifeplay, band di Philadelphia che suona un curioso misto di shoegaze e indie rock dalle venature folk, in cui le atmosfere a volte si fanno sognanti, a volte più dark e torbide. Nati nel 2012 per iniziativa del frontman e autore, Tj Strohmer, arrivano dopo diversi EP e cassette a questo Pearlty, il loro primo album vero e proprio. Le dieci tracce alternano momenti in cui il rumore libero dei feedback prende il sopravvento, ad altri in cui si dilatano introspezioni notturne, quasi slow-core. L'insieme mi affascina e ottiene un curioso effetto "Anni Novanta" che su di me funziona sempre:
▶️ Un'altra band italiana andata a cercare migliore fortuna all'estero: riappaiono i Super Paradise, formati a Milano da Francesco Roma e Nicolò Spreafico e poi emigrati da qualche anno a Londra, dove la formazione si è allargata fino a diventare oggi un quintetto. Tre anni fa i Super Paradise avevano pubblicato addirittura con la Jigsaw Records un interessante album piuttosto divertente e sfrontato, andando a recuperare suoni belli arroganti tipo Bloc Party, Hot Hot Heat e Franz Ferdinand, e infilando senza alcun timore anche una cover di All My Friends degli LCD Soundsystem. Ora riemergono, con la formazione leggermente rimaneggiata, presentano questo nuovo singolo 6:30 (prodotto da Euan Hinshelwood, già al lavoro con Young Husband e Wesley Gonzales) e il suono sembra avere preso una piega ancora più roboante. Il comunicato stampa li presenta come "dream-garage" ma io direi che hanno preso una direzione più Japandroids / No Age: musica che punta a dissolversi in pura magniloquenza rumorosa.
«The main inspiration came from "6:30” as a Caribbean dance move. But I like that it could also mean 6:30am, dawn. End of the night, end of the dance. It’s always a bit of a weird time. You could still be out after an insane night, yet you’ll walk past people who are doing the complete opposite on their way to work. There’s a bit of uncertainty about it».
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