Sporadica rubrica fatta con le vostre email e i miei sensi di colpa
Ho recuperato solo ora l'EP di debutto pubblicato un paio di mesi fa dai Montag. Le quattro tracce, prodotte da Alessandro Baronciani insieme a Marco Giuradei dei Dunk, mostrano bene come la band di Bergamo sappia muoversi tra un emo più urlato e d'impatto (qualcosa dei Gazebo Penguins, se vogliamo dare un primo riferimento), come nell'apertura di Vincenzo, e una scrittura che a mano a mano che procede si fa più distesa e schiettamente cantautorale. Diari aperti, molti ricordi, molto piangere, qualcosa che si è spezzato a sedici anni e che le chitarre oggi provano ad aggiustare e curare. Quelle qui più rumorose mi sembra ci riescano meglio.
Sara Poma (che giò conoscevamo per i suoi Emily Plays) e Fabrizio De Felice (negli Huge Molasses Tank Explodes, di casa Flying Kids Records) hanno unito le forze per questa nuova band chiamata Obree e gli esiti sono abbastanza sorprendenti: shoegaze sognante, allusioni a certa IDM di casa Morr e liquido synth-pop, a volte dai colori retrò, a volte quasi in territori Beach House. Le nove canzoni raccolte dentro l'esordio, opportunamente intitolato Haze, racchiudono tutte queste anime eppure suonano come un corpo coerente, compatto e raffinato. Se siete di quell'umore un po' così, tipo i colori sulla copertina del disco, troverete la musica che fa per voi.
Gli Insetti Nell'Ambra, per prolungare la metafora del loro nome, sono una bestia strana. C'è un istinto rock'n'roll ma dentro un corpo in qualche modo kraut. C'è una corazza lo-fi che però nasconde muscoli da canzonette. Il loro secondo album si intitola L'Aleph, ed è appena stato pubblicato in cassetta da Skank Bloc Records, label indipendente italiana nata a Zurigo e che ora fa base a Parigi (già casa di DJ Balli e Luciano Chessa). La presentazione nel comunicato stampa che mi è arrivato sembra una di quelle finte biografie demenziali che una volta inventava Freak Antoni: "Gli Insetti Nell'Ambra nascono come costola di Ludwig Van Bologna, a sua volta derivazione di I Professionisti e Le Cose Furiose". Poi fai partire la musica e ti rendi conto che non scherzano affatto: chitarre scarne e drum machine, un cantato declamato e asciutto, a volte ossessivo, un linguaggio sottile e spiazzante, che tiene assieme Borges e Palazzeschi. Quasi come dei Suicide senza synth, davvero molto divertenti e molto affascinanti.
I Pulsatilla tentano di trovare una terza via tra il regime it-pop corrente e la piena adesione a influenze straniere. Fanno base sulla Riviera Romagnola, ma appena partono le prime note di questo loro secondo album Anemone i pensieri vanno subito a certi Anni Ottanta britannici. Poi arrivano la voce e le melodie, e capisci che la ricerca poetica segue una strada più "nostrana", a volte ancora fresca di letture classiche. Forse alcune strofe potrebbero suonare più sciolte e spontane, ma in ogni caso è bello sentire chitarre malinconiche che anche dalle nostre parti rimandano ad atmosfere a tratti Sarah Records e a tratti un po' Mac DeMarco.
Ho recuperato solo ora l'EP di debutto pubblicato un paio di mesi fa dai Montag. Le quattro tracce, prodotte da Alessandro Baronciani insieme a Marco Giuradei dei Dunk, mostrano bene come la band di Bergamo sappia muoversi tra un emo più urlato e d'impatto (qualcosa dei Gazebo Penguins, se vogliamo dare un primo riferimento), come nell'apertura di Vincenzo, e una scrittura che a mano a mano che procede si fa più distesa e schiettamente cantautorale. Diari aperti, molti ricordi, molto piangere, qualcosa che si è spezzato a sedici anni e che le chitarre oggi provano ad aggiustare e curare. Quelle qui più rumorose mi sembra ci riescano meglio.
Sara Poma (che giò conoscevamo per i suoi Emily Plays) e Fabrizio De Felice (negli Huge Molasses Tank Explodes, di casa Flying Kids Records) hanno unito le forze per questa nuova band chiamata Obree e gli esiti sono abbastanza sorprendenti: shoegaze sognante, allusioni a certa IDM di casa Morr e liquido synth-pop, a volte dai colori retrò, a volte quasi in territori Beach House. Le nove canzoni raccolte dentro l'esordio, opportunamente intitolato Haze, racchiudono tutte queste anime eppure suonano come un corpo coerente, compatto e raffinato. Se siete di quell'umore un po' così, tipo i colori sulla copertina del disco, troverete la musica che fa per voi.
Gli Insetti Nell'Ambra, per prolungare la metafora del loro nome, sono una bestia strana. C'è un istinto rock'n'roll ma dentro un corpo in qualche modo kraut. C'è una corazza lo-fi che però nasconde muscoli da canzonette. Il loro secondo album si intitola L'Aleph, ed è appena stato pubblicato in cassetta da Skank Bloc Records, label indipendente italiana nata a Zurigo e che ora fa base a Parigi (già casa di DJ Balli e Luciano Chessa). La presentazione nel comunicato stampa che mi è arrivato sembra una di quelle finte biografie demenziali che una volta inventava Freak Antoni: "Gli Insetti Nell'Ambra nascono come costola di Ludwig Van Bologna, a sua volta derivazione di I Professionisti e Le Cose Furiose". Poi fai partire la musica e ti rendi conto che non scherzano affatto: chitarre scarne e drum machine, un cantato declamato e asciutto, a volte ossessivo, un linguaggio sottile e spiazzante, che tiene assieme Borges e Palazzeschi. Quasi come dei Suicide senza synth, davvero molto divertenti e molto affascinanti.
I Pulsatilla tentano di trovare una terza via tra il regime it-pop corrente e la piena adesione a influenze straniere. Fanno base sulla Riviera Romagnola, ma appena partono le prime note di questo loro secondo album Anemone i pensieri vanno subito a certi Anni Ottanta britannici. Poi arrivano la voce e le melodie, e capisci che la ricerca poetica segue una strada più "nostrana", a volte ancora fresca di letture classiche. Forse alcune strofe potrebbero suonare più sciolte e spontane, ma in ogni caso è bello sentire chitarre malinconiche che anche dalle nostre parti rimandano ad atmosfere a tratti Sarah Records e a tratti un po' Mac DeMarco.
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