Credo sia successo abbastanza tardi, tipo dopo il ventesimo ascolto: all'improvviso ho realizzato che il motivo per cui trovavo commovente e irresistibile la voce filtrata nel ritornello di Fucking To Songs On Radio di Ricky Eat Acid era perché il mio subconscio aveva capito prima di me che era Anthems For A Seventeen-Year Old Girl dei Broken Social Scene rifatta da un Richard D James adolescente e in vena di romanticherie. Ed è stata subito una madeleine tale da travolgere quasi quindici anni in un soffio. L'attacco di banjo, la voce di Emily Haines al telefono, l'interminabile inventario di verbi che lancia addosso alla sé stessa più giovane, la sensazione che qualcosa sia andata perduta per sempre proprio inseguendola, quel crescendo inarrestabile di archi orchestrato da Kevin Drew, Canning e tutti gli altri sullo sfondo, niente, mi fanno salire ancora le lacrime agli occhi, dopo tanti anni.
Oggi è il 2016, non dormiamo più sul pavimento, "you never drop the phone" e hai il sospetto che tutti questi ragazzini diluiscano le loro voci nei vocoder e negli autotune per non sentire il sospiro impercettibile, il momento in cui il rimpianto stringe la gola e strozza le parole. Preset "n0st4lg¡a-101". Quasi come se i mostruosi fantasmi dei Natali passati avessero tutti la voce di Alvin ei Chipmunks, e non fossero più intenzionati a spaventarti: semplicemente, ti hanno trovato, sono arrivati e ora non ti lasceranno mai più.
L'unica altra parola che credo di riuscire a decifrare mentre Fucking To Songs On Radio cresce, in mezzo ai frammenti e alle sillabe ricombinate e frullate in loop, è "school": rimanderebbe una volta di più all'idea di passato, alla dimensione del ricordo, ma in qualche modo rimane tutto sulla superficie. Non c'è più bisogno di raccontare, ce lo siamo già detto, abbiamo scaricato tutto, zippato, salvato, liberato spazio nel telefono. Resta questa musica che scorre, un beat che cammina con le mani in tasca e il cappuccio tirato su, due suoni morbidi di tastiere e un campionamento di voce a cui si aggrappa tutto quello che rimane. Scopare ascoltando canzoni alla radio, scopare canzoni alla radio, scopare canzoni alla radio. Non so so, ho immagino stesse parlando di qualche pomeriggio ai tempi del liceo, "school", e a un tratto mi è tornata in mente la mia tavola preferita di Alessandro Baronciani, un regalo che fece tanti anni fa a Radio Città del Capo:
Ecco, io l'ho sempre trovata di una poesia meravigliosa, un'intera biografia in un solo disegno. Nel mondo pre-Shazam, quella radio, la musica che anche nel momento dell'amore è lì in primo piano, e poi nonostante il pelle contro pelle: "ma che canzone è questa?". Magari ti fa sorridere, magari puoi riconoscerti anche tu. In un certo senso, mi sono convinto che Fucking To Songs On Radio alluda alla stessa scena, alla stessa puntigliosa dedizione nerd, ma riletta da una distanza più sentimentale e più avara di spiegazioni al tempo stesso, con un perenne filtro Amaro di Instagram.
Da quel che leggo in giro, non sono sicuro che Sam Ray avrebbe voglia di mirare così in alto, ai Broken Social Scene o a romanzare giovinezze ormai lontane, nonostante gli ambiziosi arrangiamenti di Owen Pallett. Il suo fare musica è la stessa cosa con il suo essere onnivoro, insaziabile e iper-prolifico al tempo stesso. La quantità di materiale che viene metabolizzata dentro il suo suono forse mira a controbilanciare la quantità di musica che ci circonda, l'assedio da cui non si può più sfuggire, e quei due sul divano non ne vogliono più sapere niente. A volte fa il Badalamenti, a volte il Mike Paradinas, altre volte un piccolo Drake da un pianeta lontano. Non lo seguo sempre. Amo che abbia intitolato una canzone :'), tutta la malinconia in una sola emoticon, la mia preferita, la misura della vita senza bisogno di sprecare altre parole, un rassicurante Talk To You Soon che non credo succederà.
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