Le recensioni di dischi sono morte, i blog sono morti e anche io non so bene perché continuo a leggere queste robe
«Though music criticism may have become more of a personalized operation, the downside is that with so many voices shouting wildly for attention, it has become a veritable trash pit of amateur opinions and toxic discourse. The ushering in of a new generation of free-to-low-wage clickjockeys, outrage-generators, and online opinionistas racing against one another to be the first out of the gate with a piping hot take is largely said to have contributed to the death of the professional critic, and reduced collective feedback of art to a pass/fail, “classic or trash” consensus.»"Is the Album Review Dead?" - Dan Ozzi - NOISEY
«The conversation can be chaotic, disjointed, even personal — Ozzi’s highlighting of artists who have written responses to negative reviews is an ugly but undeniable part of the critical conversation. The mess of critical opinion and response grants the meaning of art. Without criticism, art is the fallen tree in the uninhabited forest; it doesn’t make a sound. Art is always intended for an audience and critique; otherwise it would be an entity without artifice, like instinct or necessity. Critical writing and assessment doesn’t end the conversation about art; it quite literally allows for it.»"Five Reasons Why the Album Review Will Never Die" - Geoff Nelson - Consequence of Sound
«Do we still need the album review? Well, it does not really matter to the writer. That is not the point of the article. The point of the article is to a) ensure the writer is still getting paid for (not) writing about music and b) ensure we all know that the writer views himself as one of those commentators on the cutting edge.»"A rejoinder to Noisey’s entirely pointless ‘is the album review dead’ article" - Everett True - Music That I Like
Potrei cavarmela con una battuta del tipo: qualsiasi argomento per cui valga la pena scrivere un thinkpiece sul genere "X è morto" non è poi così morto, e quanto meno continua a vivere nella discussione che genera (nel clickbait a cui ambisce). D'altra parte, per essere stato "il #PEZZO (cit.) importante della settimana", quello di Dan Ozzi su Noisey non mi pare abbia suscitato molte reazioni. Un'eccezione è il bel thread su facebook di Sean Adams (fondatore di Drowned In Sound), come sempre una delle menti più lucide e al tempo stesso più "umane" e interessanti di questo settore.
Per il resto, trovo che l'articolo di Ozzi fosse abbastanza irritante nel suo deliberato inseguire ragionamenti banali e citazioni trite: Lester Bangs (ancora?), l'hype dei Clap Your Hands Say Yeah (dude, è il 2016), il rituale "ognuno può scrivere dalla propria cameretta", le recensioni di Pitchfork, i giornalisti di Pitchfork, lo stile di Pitchfork, Pitchfork, Pitchfork, Pitchfork.
È uno di quegli articoli che, piuttosto che all'oggetto di cui si parla, mi fa venire voglia di guardare all'autore che scrive. A Noisey interessa smontare o denigrare l'informazione musicale (usiamo questa terminologia vaga e generica) facendo informazione musicale? Bene, un tentativo come un altro per accreditarsi qualche sorta di pulpito e credibilità nella... uhm, informazione musicale. Ti capisco, ma puoi fare di meglio. In giorni come questo sento la mancanza del primo Hipster Runoff, la sua complicata spontaneità.
“I think the artists might be the only ones that read the reviews”, dice a un certo punto l'articolo. In realtà, parte del problema è che la democratizzazione dell'informazione musicale ha portato a una situazione per cui le recensioni le leggono soprattutto quelli che le scrivono. Sono pur sempre tantissimi, ma la natura di quello che si scrive, il suo scopo, è cambiato. In generale, credo che abbiamo in mente ancora un'idea delle recensioni che si è formata molto tempo fa. Ripetiamo che "siamo tutti critici oggi", parliamo di Rete e social network, ma in realtà associamo alla parola "recensione" ancora un carattere novecentesco. Aggiorniamo la timeline ma crediamo di abitare ancora nel mondo di Alta Fedeltà. Non dovremmo pensare alle recensioni di dischi come alle recensioni di Tripadvisor: i voti, le stellette, il "compro questo disco perché ne ha parlato bene NME". Sono sicuro che le schede di Metacritic sono utili soltanto a chi deve scrivere un articolo. Ora che ci penso, la metafora della guida turistica, del libro di viaggi, è utile perché non cerchi questa scrittura per decidere dove andare, ma per capire come è il viaggio, per sapere come muoverti.
In questo senso, non è la forma recensione (di dischi) a essere morta. Invece, è forse il pubblico delle recensioni (di dischi) a essere cambiato o, cosa più probabile, scomparso. Semplicemente, non siamo più lì davanti al tabellone delle partenze ad aspettare di partire, e il critico musicale non è più un capotreno. Siamo già in movimento, lo siamo sempre, e a qualcuno (spero a molti) piace ritrovare ancora un buon compagno di viaggio.
Twerps - Nothin About Nothin
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