«Scenes are different now. Geography doesn’t count for much. No one cares a hoot if a band ‘hails’ from anywhere because we all just hail from the Internet, whether we goddamn well like it or not and everyone and everything just comes from somewhere else and sounds like something gone before. Pop ate itself years ago and now it’s just one big terrible, auto-cannibalistic, bulimic mess and it’s puking itself back up and asking for your recognition.»
Su Drowned In Sound Hayley Avron fa diventare la "retromania" una roba da ragazzini emo.
Poi, tra parentesi, il disco omonimo dei Blouse non è nemmeno male, anche se in un paio di momenti sembra che abbiano più voglia di suonare cover di Accuracy dei Cure che le loro stesse canzoni, e in generale l'atmosfera da "colonna sonora di Donnie Darko in nice price" è abbastanza forte. D'altra parte l'etichetta Captured Tracks continua a rappresentare una garanzia (nonostante non aggiornino il sito da una vita e non facciano menzione del trio di Portland), e la produzione del disco è molto precisa e accurata nel cogliere proprio quel colore e solo quel colore. Ci ha messo le mani Jacob Portrait, che oltre a far parte dei Blouse, è anche negli Unknown Mortal Orchestra e leggo che una volta collaborava con i Dandy Warhols. Ma la cosa che emerge davvero da questo disco è la felpatissima voce di Charlie Hilton, che riesce a rivestire ogni suono con un'aria di sogno luminosa e sospesa.
Forse non saremo a livello di un Wild Nothing, tanto per citare un loro compagno di scuderia, ma il disco dei Blouse scorre bello coeso e ha alcune perle come Into Black, Time Travel e Videotapes. Insomma, c'è del talento, e anche se nessuno ha più la pazienza di aspettare una seconda prova qui forse ne potrebbe valere la pena.
(mp3): Blouse - Time Travel
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