Alternativi e alterati
Uno degli eventi della settimana nella pigra, confusa, sovraffollata e anacronistica Scena Indie è stato il lancio di Altered Zones da parte di Pitchfork. La neonata webzine funziona un po' da aggregatore di altri blog diventati abbastanza noti negli ultimi tempi, se seguite questo genere di faccende: Transparent, Don't Die Wondering, Yours Truly, Weekly Tape Deck e altri affini. L'obiettivo sembra essere quello di inseguire "la nicchia della nicchia", andando a scoprire progetti e suoni sempre più nuovi e inafferrabili. Cosa che, in fondo, molti blog fanno da sempre.
Quello che mi ha colpito, però, è che l'iniziativa di Pitchfork, di solito piuttosto rispettata e riverita, è stata accolta con un certo distacco, quando non con aperta ostilità. Vedi per esempio il beffardo titolo di Juli Weiner su Vanity Fair, o le analisi più approfondite di Salad Fork ("I’m not predicting that Altered Zones will be some sort of blog monopoly, merely stating the possibility") e ancora meglio di True/Slant ("The blogosphere doesn’t need Pitchfork’s Altered Zones").
Anche il Guardian commenta, e cerca di mettere d'accordo un po' tutti. Trovo abbastanza condivisibile questa posizione, ma devo ammettere che avverto una certa fatica in tutti quanti. Tutta questa necessità di correre mi sembra sempre meno giustificata. Ci sono dischi che ho comprato due mesi fa perché li avevo scaricati quest'inverno e di cui già non ricordo più una canzone. Immagino che succeda a tutti ma, non so, mi domando se sia salutare. Non era per questo che avevamo cominciato con la radio, i blog e tutto il resto. Quindi capisco le "resistenze" o l'alone di antipatia che può avere una cosa come Altered Zones, ci sento dietro il consueto "the kids are coming up from behind". Però alla fine l'unica cosa che conterà, l'unica cosa che resterà, credo, saranno le canzoni, i dischi, i momenti in cui ascoltarli è stato importante. E vanno bene anche i nuovi blog, se mi aiutano a capirci qualcosa, a ricordare.
Uno degli eventi della settimana nella pigra, confusa, sovraffollata e anacronistica Scena Indie è stato il lancio di Altered Zones da parte di Pitchfork. La neonata webzine funziona un po' da aggregatore di altri blog diventati abbastanza noti negli ultimi tempi, se seguite questo genere di faccende: Transparent, Don't Die Wondering, Yours Truly, Weekly Tape Deck e altri affini. L'obiettivo sembra essere quello di inseguire "la nicchia della nicchia", andando a scoprire progetti e suoni sempre più nuovi e inafferrabili. Cosa che, in fondo, molti blog fanno da sempre.
Quello che mi ha colpito, però, è che l'iniziativa di Pitchfork, di solito piuttosto rispettata e riverita, è stata accolta con un certo distacco, quando non con aperta ostilità. Vedi per esempio il beffardo titolo di Juli Weiner su Vanity Fair, o le analisi più approfondite di Salad Fork ("I’m not predicting that Altered Zones will be some sort of blog monopoly, merely stating the possibility") e ancora meglio di True/Slant ("The blogosphere doesn’t need Pitchfork’s Altered Zones").
Anche il Guardian commenta, e cerca di mettere d'accordo un po' tutti. Trovo abbastanza condivisibile questa posizione, ma devo ammettere che avverto una certa fatica in tutti quanti. Tutta questa necessità di correre mi sembra sempre meno giustificata. Ci sono dischi che ho comprato due mesi fa perché li avevo scaricati quest'inverno e di cui già non ricordo più una canzone. Immagino che succeda a tutti ma, non so, mi domando se sia salutare. Non era per questo che avevamo cominciato con la radio, i blog e tutto il resto. Quindi capisco le "resistenze" o l'alone di antipatia che può avere una cosa come Altered Zones, ci sento dietro il consueto "the kids are coming up from behind". Però alla fine l'unica cosa che conterà, l'unica cosa che resterà, credo, saranno le canzoni, i dischi, i momenti in cui ascoltarli è stato importante. E vanno bene anche i nuovi blog, se mi aiutano a capirci qualcosa, a ricordare.
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