Metti l'indiepop nel frigo
A Roma arriva il Popfest!
Parte domani la prima edizione del Roma PopFest, festival organizzato dalle iperattive ragazze di Frigopop!, e che per tre giorni riempirà la capitale di concerti, dj-set, esposizioni di fotografie e banchetti a tema indiepop. Niente male, per essere in Italia.
In programma un sacco di band che abbiamo suonato un bel po' anche qui a polaroid, insieme ad alcuni nomi nuovi da tenere d'occhio: My Awesome Mixtape, Fitness Forever, A Classic Education, Carpacho!, Diverting Duo, Jules Not Jude, La Calle Mojada, Vinegar Socks e Jacqueries, oltre agli ospiti speciali The Lodger, direttamente da Leeds per una data unica nel nostro Paese.
Siamo dunque andati a fare quattro chiacchiere con quelle di Frigopop! e ci siamo fatti raccontare qualcosa in più sull'evento.
Cominciamo dalle presentazioni: da chi è composta la squadra di Frigopop!, che fate nella vita e come siete finite a organizzare un festival indiepop?
Frigopop! sono 3 ragazze che recentemente son diventate 5, quasi tutte studiano all'università (filosofia, comunicazione, arte) e un paio lavorano, hanno dai 20 ai 26 anni e amamo la musica pop. A Roma ce n'era pochina così abbiamo deciso di portarcela noi. L'idea del festival è nata praticamente assieme a quella di mettere su un collettivo per smuovere le acque, solo che all'inizio non avevamo né i soldi né l'esperienza necessaria, così abbiamo iniziato da più modesti party-concerti. È passato un anno, non abbiamo ancora né i soldi né l'esperienza, ma abbiamo pensato che non si poteva più aspettare, e così è nato il ROMAPOPFEST.
Com'è proporre dell'indiepop a Roma? Come reagisce "la scena" alle vostre serate: resta tutto su Facebook o c'è di più?
Per cominciare, è bene chiarire che a Roma non c'è una "scena", ma un fluire indistinto di gusti e micro-circoli legato a una band piuttosto che ad un'altra e non ad un genere ben preciso. La gente quindi sembra davvero poco interessata alla faccenda dell'"indiepop", e molto di più all'atmosfera e alla qualità della musica che trova sul nostro palco, e fino ad ora dobbiamo dire che è andata bene, siamo contente.
"Popfest" richiama alla mente eventi con lo stesso nome a New York, San Francisco e Londra, tanto per fare alcuni esempi: c'è una connessione?
Assolutamente sì. Al decidere il nome da dare al nostro festival non avevamo alcun dubbio, è venuto naturale da subito. Come dicevo prima, miriamo a riempire un vuoto che invece vorremmo fosse stracolmo: ci sono Popfest in molte capitali europee ed americane e sentivamo il bisogno di crearne una anche a Roma e fare circolare un po' di pop italiano (e non solo), creare un luogo e un'occasione ben precise, che fossero un riferimento ufficiale per un certo tipo di musica e i suoi ascoltatori. E poi siamo in diretto contatto con i ragazzi del London Popfest che è in corso proprio in questi giorni; ci hanno supportato dall'inizio con consigli e aiuti, e non possiamo che esserne felici.
Qual è stato il momento più bello di tutto il lavoro per mettere in piedi questa prima edizione? E c'è stato un giorno in cui eravate così arrabbiate da voler mollare?
I momenti belli son stati quelli iniziali, quando avevamo carta bianca e abbiamo iniziato a fantasticare su cose che poi abbiamo effettivamente realizzato: avere finalmente in mano i bellissimi manifesti è stata una bella soddisfazione, è stato un po' come vedere il lavoro di tanti mesi cominciare a concretizzarsi. Certo poi quando abbiamo dovuto passare fredde notti in giro per le strade della capitale ricoperte di colla per attaccarli, è stato un po' meno piacevole! Così come è stato amaro aver dovuto rinunciare ad un paio di band che sognavamo di far suonare e per le quali avevamo lavorato tanto, ma che poi alla fine non siam riuscite a far venire in Italia. A conti fatti però siamo molto soddisfatte di quello che siamo riuscite ad ottenere, e speriamo che piaccia anche al nostro pubblico.
A parte certa elettronica, si tende ad associare la musica a un immaginario "caldo" (il fuoco, il ballo, il corpo...): mi spiegate invece la poetica del "frigo"? Sta lì perché fa simpatia? È una metafora?
La poetica del frigo è strettamente legata a quella della casa e della cucina, e quindi in finale al calore del focolare. Il frigo è uno dei luoghi più intimi della casa, ci sei sempre a tu per tu e in molti lo usano come pensatoio speciale; dà sollievo nei momenti di tristezza e debolezza, e in definitiva sì, ci faceva simpatia :)
>>>(mp3): The Lodger - The Good Old Days
A Roma arriva il Popfest!
Parte domani la prima edizione del Roma PopFest, festival organizzato dalle iperattive ragazze di Frigopop!, e che per tre giorni riempirà la capitale di concerti, dj-set, esposizioni di fotografie e banchetti a tema indiepop. Niente male, per essere in Italia.
In programma un sacco di band che abbiamo suonato un bel po' anche qui a polaroid, insieme ad alcuni nomi nuovi da tenere d'occhio: My Awesome Mixtape, Fitness Forever, A Classic Education, Carpacho!, Diverting Duo, Jules Not Jude, La Calle Mojada, Vinegar Socks e Jacqueries, oltre agli ospiti speciali The Lodger, direttamente da Leeds per una data unica nel nostro Paese.
Siamo dunque andati a fare quattro chiacchiere con quelle di Frigopop! e ci siamo fatti raccontare qualcosa in più sull'evento.
Cominciamo dalle presentazioni: da chi è composta la squadra di Frigopop!, che fate nella vita e come siete finite a organizzare un festival indiepop?
Frigopop! sono 3 ragazze che recentemente son diventate 5, quasi tutte studiano all'università (filosofia, comunicazione, arte) e un paio lavorano, hanno dai 20 ai 26 anni e amamo la musica pop. A Roma ce n'era pochina così abbiamo deciso di portarcela noi. L'idea del festival è nata praticamente assieme a quella di mettere su un collettivo per smuovere le acque, solo che all'inizio non avevamo né i soldi né l'esperienza necessaria, così abbiamo iniziato da più modesti party-concerti. È passato un anno, non abbiamo ancora né i soldi né l'esperienza, ma abbiamo pensato che non si poteva più aspettare, e così è nato il ROMAPOPFEST.
Com'è proporre dell'indiepop a Roma? Come reagisce "la scena" alle vostre serate: resta tutto su Facebook o c'è di più?
Per cominciare, è bene chiarire che a Roma non c'è una "scena", ma un fluire indistinto di gusti e micro-circoli legato a una band piuttosto che ad un'altra e non ad un genere ben preciso. La gente quindi sembra davvero poco interessata alla faccenda dell'"indiepop", e molto di più all'atmosfera e alla qualità della musica che trova sul nostro palco, e fino ad ora dobbiamo dire che è andata bene, siamo contente.
"Popfest" richiama alla mente eventi con lo stesso nome a New York, San Francisco e Londra, tanto per fare alcuni esempi: c'è una connessione?
Assolutamente sì. Al decidere il nome da dare al nostro festival non avevamo alcun dubbio, è venuto naturale da subito. Come dicevo prima, miriamo a riempire un vuoto che invece vorremmo fosse stracolmo: ci sono Popfest in molte capitali europee ed americane e sentivamo il bisogno di crearne una anche a Roma e fare circolare un po' di pop italiano (e non solo), creare un luogo e un'occasione ben precise, che fossero un riferimento ufficiale per un certo tipo di musica e i suoi ascoltatori. E poi siamo in diretto contatto con i ragazzi del London Popfest che è in corso proprio in questi giorni; ci hanno supportato dall'inizio con consigli e aiuti, e non possiamo che esserne felici.
Qual è stato il momento più bello di tutto il lavoro per mettere in piedi questa prima edizione? E c'è stato un giorno in cui eravate così arrabbiate da voler mollare?
I momenti belli son stati quelli iniziali, quando avevamo carta bianca e abbiamo iniziato a fantasticare su cose che poi abbiamo effettivamente realizzato: avere finalmente in mano i bellissimi manifesti è stata una bella soddisfazione, è stato un po' come vedere il lavoro di tanti mesi cominciare a concretizzarsi. Certo poi quando abbiamo dovuto passare fredde notti in giro per le strade della capitale ricoperte di colla per attaccarli, è stato un po' meno piacevole! Così come è stato amaro aver dovuto rinunciare ad un paio di band che sognavamo di far suonare e per le quali avevamo lavorato tanto, ma che poi alla fine non siam riuscite a far venire in Italia. A conti fatti però siamo molto soddisfatte di quello che siamo riuscite ad ottenere, e speriamo che piaccia anche al nostro pubblico.
A parte certa elettronica, si tende ad associare la musica a un immaginario "caldo" (il fuoco, il ballo, il corpo...): mi spiegate invece la poetica del "frigo"? Sta lì perché fa simpatia? È una metafora?
La poetica del frigo è strettamente legata a quella della casa e della cucina, e quindi in finale al calore del focolare. Il frigo è uno dei luoghi più intimi della casa, ci sei sempre a tu per tu e in molti lo usano come pensatoio speciale; dà sollievo nei momenti di tristezza e debolezza, e in definitiva sì, ci faceva simpatia :)
>>>(mp3): The Lodger - The Good Old Days
Commenti
daje, daje tutti.
francesco