Amycanbe

 Amycanbe Mi ricordo di quando ci si innamorava. Le parole e la musica nascevano insieme, era l'anticipo di un'intuizione, come giocare a far tremare l'aria prima di sfiorarsi.
Se ancora non l'ho dimenticato insieme a tutto il resto è soltanto perché ci sono canzoni che ogni tanto fanno sentire di nuovo così, e ti lasciano appeso al tuo bicchiere appoggiato al petto e l'altra mano in tasca, davanti alle luci, davanti agli amplificatori, davanti a quattro ragazzi che suonano, tu, lì, al mondo.

Dopo più di un anno che ne sento parlare (qui e qui, per esempio), riesco a spezzare la cabala di coincidenze che mi impedisce ogni volta di vedere un concerto degli Amycanbe, e sabato sera sono in prima fila al Bronson che inaugura la stagione proprio con loro.
Due chitarre, una acustica e una elettrica, il soffio di una tromba, il tocco di qualche tastiera appena, e una voce che fa innamorare. Francesca Amati è in piedi al centro del palco, ma per come si muove quando canta è come se ti mettesse i polsi intorno al collo e ballasse vicino a te. Fa venire in mente qualcosa di Cat Power o Isobel Campbell, ma senza teatro o leziosità. Quando affiorano lievi basi sintetiche sembra di avvertire anche qualcosa dei Portishead, e sarebbe interessante seguire gli Amycanbe approfondire discorsi più elettronici, come nella piccola sorpresa della serata, una celestiale cover di Amarsi Un Po'.
Per ora, il loro pop trasparente e venato di languido folk gioca con eleganza di sottrazione, e va benissimo così. Io non sto smettendo di ascoltare il loro autoprodotto ep d'esordio. Lo potete acquistare via MyHoney oppure ai loro concerti. Il prossimo qui in zona sarà al circolo SestoSenso il 24 ottobre. Non mancherò.

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