There is hardly a method you know
Tv On The Radio live at Estragon, Bologna - 3 settembre 2006
A volte chiediamo alla musica di consolarci soltanto. Passano canzoni, gruppi, stagioni: alla musica continuiamo a domandare quella nota sola che sentiamo nostra, in cui ci piace riconoscerci, musica modulata di continuo attorno a sé stessa per offrirci conferme.
Altre volte, e sono le meno frequenti, lasciamo che la musica ci meravigli. Non lo sapevamo e invece ci troviamo a interrogare quella cosa che sta prendendo forma nell'aria davanti a noi. Sappiamo che è musica ma siamo costretti a misurare tutto da capo. Perdiamo le parole, e non è detto che il corpo sia una guida migliore.
Per quello che ho visto questa sera a Bologna, i Tv On The Radio sono senza dubbio un gruppo perfetto per chi, in questo momento, si trova più vicino a sentimenti della seconda specie. Io, per esempio, ero incantato e sollevato da ogni dovere del pensiero, tanto ero preso nel cercare di stare dietro alla band newyorkese.
Si ha un bel ripetersi che quelli lì sul palco stanno soltanto tendendo i loro nervi e muscoli allo spasimo, così da raggiungere e prendere con le mani il blues delle radici, restando con i piedi ben dentro il rock di oggi. E non è sufficiente notare che il sassofono e tutti gli artifici sonori più raffinati su album vengono abbandonati a terra, una volta arrivati al live. E nemmeno basta notare che sulle nervose e ruvide sei corde scorre soul fino a lambire la riva hip hop (qualcuno sa che cos'era quella strepitosa jam finale con tanto di beatbox?). Alla fine, quello che continui a chiederti per tutto il tempo è cosa diavolo stiano costruendo, e soprattutto come, questi Tv On The Radio, e preghi che non finiscano presto. Ti chiedi dove portino le loro voci, ora tenebrose e lugubri, ora squillanti fino all'esortazione. Wolf Like Me schianta tutto in un selvaggio sabba seppellito di stroboscopiche, e quando a metà esplode e rallenta senti l'aria che esce di colpo dai polmoni. Poi, quando li vedi sul palco aggirarsi dissociati, sperduti dentro una luce verde da filmato dell'Area51, capisci che in questa musica c'è qualcosa che non è dello stesso pianeta che abiti tu. La velocità di Staring At The Sun si esaurisce, e tu, meravigliato, stordito, felice, ritrovi te stesso di nuovo lì.
Se la musica che consola ha il difetto di non far muovere mai dallo stesso luogo, la musica che meraviglia presenta l'inconveniente illusione che si possa essere sempre sul punto di lanciarsi con ardore.
Tv On The Radio live at Estragon, Bologna - 3 settembre 2006
A volte chiediamo alla musica di consolarci soltanto. Passano canzoni, gruppi, stagioni: alla musica continuiamo a domandare quella nota sola che sentiamo nostra, in cui ci piace riconoscerci, musica modulata di continuo attorno a sé stessa per offrirci conferme.
Altre volte, e sono le meno frequenti, lasciamo che la musica ci meravigli. Non lo sapevamo e invece ci troviamo a interrogare quella cosa che sta prendendo forma nell'aria davanti a noi. Sappiamo che è musica ma siamo costretti a misurare tutto da capo. Perdiamo le parole, e non è detto che il corpo sia una guida migliore.
Per quello che ho visto questa sera a Bologna, i Tv On The Radio sono senza dubbio un gruppo perfetto per chi, in questo momento, si trova più vicino a sentimenti della seconda specie. Io, per esempio, ero incantato e sollevato da ogni dovere del pensiero, tanto ero preso nel cercare di stare dietro alla band newyorkese.
Si ha un bel ripetersi che quelli lì sul palco stanno soltanto tendendo i loro nervi e muscoli allo spasimo, così da raggiungere e prendere con le mani il blues delle radici, restando con i piedi ben dentro il rock di oggi. E non è sufficiente notare che il sassofono e tutti gli artifici sonori più raffinati su album vengono abbandonati a terra, una volta arrivati al live. E nemmeno basta notare che sulle nervose e ruvide sei corde scorre soul fino a lambire la riva hip hop (qualcuno sa che cos'era quella strepitosa jam finale con tanto di beatbox?). Alla fine, quello che continui a chiederti per tutto il tempo è cosa diavolo stiano costruendo, e soprattutto come, questi Tv On The Radio, e preghi che non finiscano presto. Ti chiedi dove portino le loro voci, ora tenebrose e lugubri, ora squillanti fino all'esortazione. Wolf Like Me schianta tutto in un selvaggio sabba seppellito di stroboscopiche, e quando a metà esplode e rallenta senti l'aria che esce di colpo dai polmoni. Poi, quando li vedi sul palco aggirarsi dissociati, sperduti dentro una luce verde da filmato dell'Area51, capisci che in questa musica c'è qualcosa che non è dello stesso pianeta che abiti tu. La velocità di Staring At The Sun si esaurisce, e tu, meravigliato, stordito, felice, ritrovi te stesso di nuovo lì.
Se la musica che consola ha il difetto di non far muovere mai dallo stesso luogo, la musica che meraviglia presenta l'inconveniente illusione che si possa essere sempre sul punto di lanciarsi con ardore.
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